Jennifer Gentle: L’omonimo disco della maturità artistica

Il progetto Jennifer Gentle riprende finalmente vita dopo quasi un lustro di velato letargo. Una pausa dettata principalmente dagli impegni lavorativi del leader e fondatore Marco Fasolo: la produzione del disco di debutto degli I Hate My Village, più le restanti collaborazioni illustri tra Bud Spencer Blues Explosion e, parzialmente, Verdena. Giusto per citarne alcune.

Negli ultimi anni Marco Fasolo ha comunque trovato il tempo di immergersi nella stesura di nuove canzoni, al fine di costruire un album di tutto rispetto, ottenendo un risultato ‘identitario’. Non a caso la maggiore età artistica raggiunta dai Jennifer Gentle (2001-2019) dà vita ad un album omonimo strutturato in diciassette brani scritti, composti, arrangiati, prodotti e missati dal solo deus ex machina del collettivo, ovviamente Marco Fasolo. Non so se l’ho già nominato.

Jennifer Gentle è stato pubblicato il 4 Ottobre per La Tempesta Dischi.

Jennifer Gentle

Jennifer Gentle – Jennifer Gentle (copertina)

L’LP è un prodotto identitario perché riassume gran parte delle caratteristiche in un solo pacchetto. Non mancano rifinitura e minuzioso lavoro di cesello in un’opera dai tratti psichedelici (alla maniera di Fasolo), rock anni settanta con sfumature rockabilly, manierismo sonoro tra Queen e Bowie. Ma qui si può sfociare nel ridicolo, chiamando in causa praticamente la qualunque. Ad ogni modo, nonostante i nomi altisonanti, forse ridondanti o dal paragone ingiusto e improprio, ogni pezzo andrà al suo posto. Minimo comune denominatore la ricerca del dettaglio e la cura degli arrangiamenti. Orecchi puntati pure verso il lato musicale propedeutico al visivo, cioè, la forma che veste colonne sonore e derivazioni ambient.

Jennifer Gentle: panoramica sulle tracce.

Si comincia con Oscuro, pensiero ad una donna ormai lontana espresso in modo armonioso con voce e chitarra arpeggiata, appena accennata.

Il primo richiamo arriva con Just Because, un omaggio ma anche un’ispirazione. Cogliere l’accostamento è davvero facile per chiunque. Non si lascia nulla al caso, soprattutto lo stile (ormai) personale di Marco Fasolo si riflette nel nome Jennifer Gentle. Tra l’immanente e il trascendente, unito dalla “gravità”. Soluzione nel testo.

Beautiful Girl apre ad un approccio country, folk rock. Canzone meno impegnata, dedita all’immediatezza. L’elogio chiaro e tondo ad una donna, forse più al benessere che lei porta con sé, ma sono inezie. Connotato musicale lontano dai dogmi a cui siamo abituati in Italia, difatti il progetto ha da sempre riscosso maggiore successo tra Stati Uniti e Inghilterra. Comunque, va giù che è un piacere.

L’ironia, dai lineamenti boogie e ‘swing ironico’, si presenta in Love You Joe. Una strumentale dal motivetto martellante. Qui le prime sfumature d’arte del sottofondo musicale. Dovrebbero istituire un percorso di laurea a riguardo.

Jennifer Gentle

Temptation manifesta la dualità tra litania della voce e frenesia degli altri strumenti. Il testo si sviluppa in poche parole, ripetute più volte. La triade causa, effetto e conseguenza è rappresentata da ‘tentazione’, ‘viaggio incredibile’, ‘viaggio immobile’. Con queste ipotesi mi sovvengono ben poche soluzioni alla metafora. Qualche altro dettaglio in merito verrà svelato poco più avanti.

Ritmo, groove e rock and roll sono i colori primari del brano Guilty. I Jennifer Gentle esortano l’ascoltatore al movimento. Lasciarsi andare sulle note della canzone è semplicissimo, una qualsiasi parte del corpo sta già muovendosi a tempo in modo del tutto inconsapevole. Assolo schizofrenico a corredo.

Segue l’interlude Argento. Piano e voci-non-voci. 50 secondi che servono all’udito e all’emotività.

Da qui si giunge a Only In Heaven. Canzone sui generis, non per fattezze, bensì per contenuti. Il parossismo personale che conduce a veri e propri miraggi dai toni blandi. Tuttavia l’esasperazione finemente nascosta, resta palpabile. Interessante la scelta dell’hard panning di basso e piano, ovvero, la separazione degli strumenti: uno esclusivamente a destra, l’altro dalla parte opposta.

Spolverata di verve del secondo dopoguerra. Do You Hear Me Now? è sussulto puro con sessione di fiati e cori dai tratti esasperati ma coerenti nell’insieme. Ascoltandola mi è venuto in mente il “coinvolgismo” del belga “Jean Fofon”. Citazioni prese direttamente dal bagaglio di cultura pop italiana.

You Know Why fa da controcanto idealistico alla precedente Temptation. Spunto comune ma elaborazioni distanti, pur restando nel mondo delle ipotesi. Da ossessione a rivelazione e la domanda, il quesito, è già di per sé evoluzione del dubbio.

What In The World potrebbe essere letta come una lieve critica verso gli aspetti salvifici professati dalla maggior parte delle religioni monoteiste. Nel caso specifico la redenzione dopo un evento apocalittico. Il cattolicesimo ci ha tirato su un impero, per dire. Il fatto è questo: è necessario che il mondo vada a fuoco affinché giunga la salvezza. I Jennifer Gentle si chiedono dunque cosa succederebbe se questo avvenisse? L’esito è nel testo, dal contorno intimo e psicologico.

More Than Ever pare invece delineare il risvolto umano e ‘reale’ di un altro elemento salvifico: l’amore. Il sentimento per antonomasia che trasforma parole e gesti in entità tangibili, bastano pochi accorgimenti. Otto minuti circa.

Marco fasolo

Altra voce fuori dal coro è My Inner Self. Isterica ripetizione a cadenza regolare. Climax angoscioso di quasi quatto minuti. Un’esperienza, più che un ascolto. Ancora una volta si possono carpire le qualità di Marco Fasolo in termini di composizione per immagini.

Ritorna la calma apparente, dai crismi musicali riconoscibili ai più, sulle note di Swine Herd. Persiste la modellazione per crescendo emotivo, stavolta alternato da fasi sommesse, d’altronde siamo di fronte ad un brano di otto minuti circa. Il retroscena mentale si scorge tra le pieghe delle parole che compongono la lirica. Arrangiamento articolato e allegorico.

Peccato che la seconda strumentale Spectrum pecchi di poco mordente, altrimenti le canzoni conclusive di Jennifer Gentle (Where Are You e Theme) avrebbero goduto di una sceneggiatura ad incastri perfetta, con le dovute differenze. Nulla di irreparabile, l’accento sulla coda del disco pare sia stato posto sul fattore ‘colonna sonora’, spostandosi da un’interpretazione in prima persona attiva verso una terza persona plurale passiva. Conserva comunque un suo perché.

I miei due spicci.

I Jennifer Gentle hanno ormai perso del tutto le fattezze di una band, a mio avviso. Più di gruppo bisognerebbe parlare di collettivo, dove ognuno porta il suo contributo ravvivando e impreziosendo la creatura di Marco Fasolo, ora sempre più modellata sull’impronta artistica del suo creatore vero e originario. Jennifer Gentle, il disco, è un’opera che riassume ed eleva tutte le caratteristiche proposte in diciotto anni di vita. Il guizzo sta sulla volontà di approfondire e mostrare sfumature non proprio comuni e su quelle costruire un’immagine di più ampio respiro, per musica e per contenuti.

Mario Aiello

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