Prosegue con un nuovo album il lungo percorso artistico del poliedrico Luca Fargas Spaggiari.
Fargas: la naturale transazione da band a cantautore.
Da quel lontano 2002, quando il collettivo Fargas cominciò a prendere forma, sono cambiate molte cose. Raggiunta la soglia della maggiore età il ruolo di Luca, in quanto autore e compositore, si è oggi fortemente consolidato come perno centrale attorno al quale orbitano tutte le idee e le funzioni musicali che lo caratterizzano.
Tralasciando l’ovvietà di alcune conseguenze logiche appena citate, oltre la breve parentesi nei primi anni di attività che hanno tenuto Luca Fargas lontano dalla scena, il concetto artistico proposto si è definitivamente lasciato alle spalle buona parte dei crismi creativi tipici di una band, focalizzandosi con enorme profondità e maturità sulle sensazioni emotive e personali che invece sono tratto di spicco del cantautorato.
Per l’orecchio si tratta quindi di piano o chitarra di accompagnamento, arrangiammenti ridotti al minimo, accurati interventi di archi e fiati oltre il focus sulla voce e sui testi.
Il nuovo album intitolato Città Animale.
Città Animale è stato pubblicato il 22 Novembre. Nove canzoni che dal punto di vista compositivo, in fase di arrangiamento, prendono la scia del precedente lavoro Lei Ha Una Pistola (2018) rilanciando ancor più minuziosamente i solidi punti caratteristici che Spaggiari ha già sperimentato. Il risultato, complice anche il tema ‘urbano-umano’ dell’opera, è un solco deciso e netto nella coscienza intima di chi canta, ma soprattutto di chi ascolta.
Oltre questo, Città Animale, per stessa ammissione dell’autore, è anche amore, lavoro e paura derivante dalle interazioni che ne conseguono. Fargas parla di un “disco di integrazione, umana e spirituale, fisica ed emotiva”. C’è molto poco da fare: lo è!

Fargas – Città Animale: panoramica sulle tracce.
Si parte dalla titletrack, ed è subito Milano. Il capoluogo lombardo è il primo e forse più influente spunto d’ispirazione. Bastano poche note per sentirsi immersi in quel clima ‘urbano-umano’ di cui sopra. Calzante. Fiati e voce sotto forma di sussurro verace spingono il moto di espansione personale interpretato, galleggiando sul tappeto di piano che delinea il landscape metropolitano. Tra il grigiore e il sussulto “emozionale” (Lapo Elkann docet).
Siamo ancora a Milano, Inverno D’Italia, ma il prossimo passo sembra essere un viaggio, un forzato spostamento. La opening della canzone richiama sentori di altri tempi, sia per sonorità che per scelta melodica, mentre il sussulto sta tutto sugli accenti in levare. Fargas introduce il tema delle difficoltà sociali ed economiche, le città che cambiano nel tempo portando in dote un senso di saturazione che inevitabilmente chiude alcune porte dimenticandosi di aprire altrettanti portoni.
Corpi Santi, brano numero tre, funge da contrapposizione tra l’urbe ed il sottofondo rurale. Di qui un giro armonico semplice, universalmente intellegibile. Il racconto e la metafora si sublimano nell’idealizzazione di due corpi uniti, spinti da altre forze verso chissà cosa.
La prima canzone di Città Animale che realmente esce fuori dallo schema ormai chiaro dell’opera è La Fame. Almeno per quanto riguarda l’aspetto musicale: un velo di grinta sulla voce e contrappunti di chitarra. “Non hai più tutta la fame che avevi”, soffermandosi solo questo breve estratto si potrebbero intavolare mille interpretazioni. Per simbolismo, forse, sembra un monito verso sé stessi.
Io Vorrei Tu Morissi Ora riprende la verve interpretativa della capostipite, stavolta sfruttando la risonanza sulle note gravi degli archi (espediente creativo che si ripeterà più avanti). Brano andante, incentrato sulla voce di Luca Fargas, iper descrittivo, una storia non finita bene che ha lasciato in piedi ben poco. Quanti di voi si soffermeranno sulla pronuncia di “sottobosco”? Fatevi avanti.
Da Milano si va nella duale Emilia Romagna.
Bologna è il palcoscenico che ospita le avventure narrate in Nina E le Parole. Una canzone molto immediata ed orecchiabile, con un minimo di linea melodica definibile e addirittura una sequenza di note che assurgono a ruolo di riff, nemmeno stessimo parlando dei Def Leppard. Per Dire. Bologna, luogo di cambiamenti e forti scosse ‘in-volute’, nel senso di inattese e non progredite. La lunga corsa fino al riscatto, confluito in uno dei versi della vita.
Città Animale è un disco che conduce in diversi posti, uno di questi è Modena. L’autore nel testo ne delinea il carattere fiero e contraddittorio, ma l’approfondimento sul tema spetta all’ascoltatore. In musica si traduce con una bella coppia di chitarre, una acustica e l’altra elettrica, con una lieve distorsione (al netto di alcuni tecnici circa la ripresa delle due tracce), e la possibilità di percepire con chiarezza le mani sugli strumenti. Dettaglio non da poco.
Mappe è invece il fulcro della sfumatura puramente strumentale dell’LP. Non che la canzone lo sia, ma dedica parecchio spazio alla personalità degli strumenti che vanno a caratterizzare i ‘vuoti’ voluti. Molto gira attorno alle note gravi, basse, e alle percussioni. Avrei preferito più decisione su alcuni passaggi vocali, per dare il giusto lustro ad un brano che merita notevoli attenzioni.
Conclude l’esperienza ‘urbana-umana’ Signorina Anarchia, alla numero nove. Rompe l’empasse malinconica e cinica di una visione astratta da un occhio e fin troppo coinvolta dall’altro. In medio stat virtus, e così l’impatto e la semplicità di questa canzone sferzano l’ascoltatore poco prima di dargli l’arrivederci. “Allontanare il passato senza volere il futuro”. E chi s’è visto s’è visto.
L’ultimo lavoro di Fargas è chiaramente un omaggio all’uomo metropolitano e al palcoscenico che lo accoglie. Città Animale non scinde mai le due componenti che generano le interazioni raccontate. Fargas aveva ragione nel suo incipit, l’osservazione del frastuono cittadino restituisce silenzi intimi e personali con una frequenza sottovalutata. Questo basta per spronare chiunque alla ricerca di queste reciprocità nascoste.
Mario Aiello