Cappadonia: l’astronomia individualista di un Corpo Minore

Oggi parliamo molto volentieri di Ugo Cappadonia. Il cantautore e chitarrista nato in terra di Trinacria, ma emiliano di adozione, ritorna in veste di solista a distanza di tre anni dal precedente Orecchie Da Elefante (2016). Nel mezzo una interessantissima parentesi col progetto collettivo Stella Maris. Sforzo creativo quest’ultimo destinato a proseguire. Tuttavia il desiderio di venire fuori con qualcosa di più intimo e strettamente personale ha evidentemente prevalso il senso delle composizioni comuni. Nel nuovo lavoro questa esigenza si palesa con una certa forza. Come, quando e perché lo capiremo a breve.

L’ispirazione tematica presa direttamente dall’astronomia e lo sviluppo puramente ‘umano’ di Corpo Minore. Queste le linee guida tracciate dell’autore Cappadonia.

Pubblicato lo scorso 29 Novembre per l’etichetta Brutture Moderne, il secondo LP dell’eclettico autore si intitola Corpo Minore. Nove canzoni che raccontano altrettante ‘minuzie emotive’. Le piccole cose che – dichiara lo stesso Cappadonia – riescono ad insinuarsi nelle nostre esistenze. Spesso in modo silente e, alla fine, ribaltano convinzioni e stati d’animo radicati, rendendoci fragili o comunque consapevoli che, sotto sotto, nessuno è invulnerabile. A volte basta un ‘corpo minore’ per sconvolgere le teorie più granitiche. Concetto sviscerato, manco a dirlo, dalla title track.

Dal punto di vista musicale siamo di fronte ad un’opera che si apprende a strati. Nel senso che di primo acchito risalta subito l’impostazione ascrivibile alla musica leggera. Quel pop italiano dai suoni coinvolgenti, senza strafare, ben diverso dal trend commerciale a cui erroneamente si tende a riferirsi per astrazione. Le cose cambiano non solo man mano che Corpo Minore continua a suonare, ma soprattutto allenando l’orecchio all’ascolto.

Via via l’intelletto comincia a scoprire tutti gli abbellimenti estetici della forma sonora. Parliamo di arrangiamenti compatti e curati, l’enorme mole di strumenti condensati in poco spazio ma sapientemente posizionati e miscelati. Tanto da percepire unicamente la totalità delle oscillazioni. Non finisce qui: si scorge l’apporto stilistico dei diversi musicisti che hanno risposto alla chiamata di Cappadonia, al fine di donare quel quid in più ad ogni traccia. Giusto per citarne un paio: Poggipollini e Alosi. Non me ne vogliano gli altri, ma basta farsi un giro sul sito dell’autore per andare a spulciare nomi e cognomi di ogni intervento.

Cappadonia - Corpo Minore

Cappadonia – Corpo Minore (copertina)

“Ho fatto esclusivamente quello che sentivo di dover e voler fare con la mia musica in questo momento, senza cercare di rincorrere correnti o avvicinarmi a ciò che di questi tempi incontra maggiormente il favore del pubblico. Un album totalmente libero. Ho un’idea estetica chiara di ciò che mi interessa fare e questo disco la rispecchia a pieno.”

La premessa forse più importante è proprio questa. Cappadonia riesce a costruire un’opera derivata esattamente da queste parole. Col senno del poi sono certo non si aspettasse un risultato ‘diverso’. A mio modesto avviso Corpo Minore, con le dovute proporzioni e contestualizzazioni, resta un album che restituisce all’ascoltatore la libertà citata. Palesemente slegato dalle tante correnti che negli ultimi anni hanno invaso il panorama indie del Belpaese. Eppure il sunto armonico e melodico, di concerto con l’accuratezza di scrittura e compositiva, gode di una solidità tanto emblematica da potersi permettere qualsiasi palcoscenico. Forse non prendendo in esame ogni singola canzone, ma nel complesso il disco potrebbe serenamente generare un favore di pubblico di per sé. Si rivelerà capostipite di una ‘tendenza’ ex novo? Non gli mancano i giusti attributi.

L’approccio sonoro vivacizzato dagli accorgimenti: chitarra e batteria su tutti.

Per quanto riguarda l’aspetto più squisitamente musicale, grande attenzione è rivolta alle chitarre, cosa suonano, come lo suonano. Ora l’uso della chitarra acustica, ora un arpeggio o un po’ di distorsione. La sei corde è sicuramente lo strumento al centro dello sviluppo compositivo. Un’altra bella fetta se la ritaglia il comparto ritmico, spesso pensato con impostazione ‘emotiva’.

Nulla è però lasciato al caso, proprio niente. Nemmeno a vivisezionare le tracce una per una si riesce a trovare il pelo nell’uovo, nonostante la pluralità della proposta, chiaramente coerente alla mano che ne scrive musiche e testi.

Discorso a parte per la voce e il sapiente uso delle parole. Le liriche seguono melodie spesso articolate nella struttura, collegandosi tra loro con lunghe code, affare di pochi, o comunque vezzo che solo alcuni parolieri possono permettersi, soprattutto quando le sillabe devono legarsi ed intrecciarsi a tempi e armonie mai banali.

C’è poco da fare, Corpo Minore di Cappadonia condensa quanto di buono conoscevamo già dal precedente lavoro, delineando una sorta di ‘modus operandi’, certo non rivoluzionario o mai sentito prima, che però riesce a far leva sull’estetismo degli strumenti in funzione di composizioni articolate ma non complesse. Tutto questo mentre ogni canzone (non proprio tutte, va detto) diventa un focus su alcuni aspetti emotivi spesso sottovalutati, ripagando pienamente l’attenzione concessa dall’ascoltatore.

Mario Aiello

Ciao, abbiamo rilevato che stai utilizzando una estensione per bloccare gli annunci. I banner pubblicitari ci consentono di fornirti notizie in maniera gratuita.

Supportaci e continua a leggere disabilitando il blocco e inserendo il nostro portale nella whitelist