Calibro 35: ‘Momentum’ a cavallo tra due secoli di storia e musica.

I Calibro 35 ritornano sulla scena con  Momentum, nuovo lavoro che giunge a circa due anni di distanza dal precedente Decade (2018), entrambi per l’etichetta Record Kicks.

Prima di addentrarsi nelle dieci tracce del disco, va detto che i membri della band, negli ultimi mesi, hanno intrapreso diverse strade artistiche complementari: I Hate My Village, The Winstons, oltre a produzioni di caratura internazionale, giusto per citarne un paio. Più percorsi individuali che hanno riportato nel collettivo una enorme carica compositiva. Difatti i brani sono a matrice eterogenea, oserei dire.

Nello specifico si possono trovare composizioni a firma di ognuno dei componenti: Gabrielli, Martellotta, Cavina, Rondanini e in ultimo, ma non per ultimo, il buon Tommaso Colliva nelle ingrate vesti di chi non solo si deve sorbire produzione e missaggio (suoi e dei suoi compagni), ma che rappresenta quel “+1” fondamentale nella struttura della canonica band. Manna dal cielo.

Momentum: un disco tra passato e futuro fortemente ancorato al presente.

 

Dopo dieci anni di attività artistica i Calibro 35 non hanno più bisogno di presentazioni. Applauditi ed apprezzati più o meno ovunque nel globo, hanno saputo ritagliarsi una fetta importante di seguito proprio per il loro piglio musicale, sonoro, dedito alle note. Spesso il concetto è stato esteso alla figurazione, musica per immagini, ma anche viceversa.

Con questo presupposto Momentum diventa ideologicamente un’ancora per il presente. Il fermo immagine di un momento storico e del suo contesto, lontano dalla fine millennio da poco superata, ma non abbastanza avanti nel secolo a cui ci affacciamo. Riflessione di un’attualità per certi versi non del tutto matura.

All’atto pratico, siamo di fronte ad un’opera dal taglio funk, ma anche rock, psichedelico, elettronico quanto acustico, inteso come ‘suonato’. Ogni nota nel disco prevede che qualcuno l’abbia fatta vibrare, nessun campionamento, nessun artificio. Solo dita umane che operano su uno strumento, qualsiasi sia la sua natura. La premessa è già di per sé succulenta.

Calibro 35

Momentum: una panoramica sulle tracce.

Si comincia con Glory-Fake-Nation, teniamo a mente il titolo perché servirà dopo per chiudere il cerchio. Pezzo dal gusto Tarantiniano in quanto a suggestioni filmiche. Il centro perfetto del trinomio vintage-pseudo western- post moderno. Anche per me che odio certi limiti di genere è stato semplicissimo immedesimarmi nella condizione di cui sopra. Una ambient atipica e dal carattere forte, adagiata su melodie ‘a coda lunga’ e ritmo ‘traditore’. Introduzione perfetta per ciò che segue.

Stan Lee feat. Illa J. Singolo che anticipa l’album. I Calibro 35 hanno scelto la verve del cantante/produttore statunitense Illa J per esprimere attraverso la crudezza del rap la linea lirica di uno dei due brani che prevedono una voce oltre gli strumenti. Il crossover stilistico è l’emblema pratico dell’ideologia di fondo a cui si riferisce l’intera opera. Concetti del passato per una fruizione in vista del futuro ma con una decisa impronta contemporanea. Quindi funk, allusivo di quegli anni settanta che ne hanno fatto tendenza, rap old school tipico del decennio successivo e inflessioni hip hop ancora più progressiste. Stravolgimenti armonici che guardano ad un passato glorioso, proiettando il pensiero verso un futuro incerto, sempre coerenti al concetto: “ora. Adesso”. Enciclopedica.

Death Of Storytelling riesce a rendere ‘arpeggio’ ogni singolo elemento. Anche la batteria, in qualche modo, arpeggia. L’impostazione tecnica accende la luce del divenire. Un movimento, una sensazione in continua espansione, sollecitata tanto dal seguire andante quanto dall’eclettismo ritmico. Impressionista.

Dal lungo respiro del brano precedente si passa a ben altro. Automata è distopica come il concetto apocalittico dell’omonima pellicola di Gabe Ibanez. Non credo che i Calibro 35 avessero in mente il film quando hanno composto il brano. D’altronde, sviluppi e digressioni sonore sono forse agli antipodi rispetto alla controparte cinematografica. Automata è principalmente crudo sussulto. Unica in Momentum.

Tom Down, sulle prime, si lascia interpretare con sufficienza. Un inganno ben camuffato. A differenza degli altri è il pezzo che sente maggiormente la necessità di fare da complemento alle immagini. Pur mantenendo un’identità solida che gli permette addirittura di suggerire visioni, piuttosto che accompagnarle. Respiro compositivo ‘worldwide’ con arzigogoli a supporto di un tema quadrato, fruibile.

Calibro 35 - Momentum

Calibro 35 – Momentum (copertina)

L’altra metà del nuovo album dei Calibro 35.

La mole di suoni, tutti riprodotti senza l’uso di sample e campionamenti – ricordiamolo – trova la sua sinfonia in Thunderstorms And Data. Si possono distinguere senza difficoltà tutti gli interpreti, nell’immaginario schierati in modo ordinato su un palcoscenico teatrale. Cinque musicisti che, muovendosi con precisione, riescono a tradurre una moltitudine orchestrale. Questo per l’occhio. L’orecchio corre in direzione opposta con elaborazioni futuriste.

La seconda canzone, di nome e di fatto, si intitola Black Moon featuring Mei. Se esistesse l’etichetta, probabilmente si chiamerebbe ‘swing-hop’: un armonioso e melodioso martello pneumatico che scandisce tempi e misure in modo deciso, forte, ma leggiadro. Salvo distendersi a cavallo degli interventi vocali, com’è giusto che sia.

Fail It Till You Make It è un brano molto divertente per l’interpretazione del tema principale. Difficile da spiegare a parole: una costante aritmetica di velocissimi glissati sulle singole note che via via si incastrano alle altre voci della composizione. Il risultato è un guizzo continuo e forsennato, coadiuvato da un rigo melodico dolce e cullante.

Quasi uno scherzo musicale dei Calibro 35 è invece 4×4, penultimo tassello di Momentum. Per intenderci si allude agli ‘scherzi musicali’ più come li concepiva Mozart, non Gennarino Camposano alla sagra di paese. Sia chiaro. L’atmosfera muta sul finale, dove la profondità di alcuni passaggi ne eleva la concezione aleatoria e sospensiva. Tratto che pare dominare de facto l’intera opera.

L’avventura termina con One Nation Under A Format, qui si chiude il cerchio aperto in principio, per motivi più e meno ovvi. Il trasporto emotivo è il perno attorno al quale il brano ruota coscientemente nei suoi quattro minuti (o poco meno) di riproduzione. Il flusso porta via con sé ogni cosa, lasciando l’ascoltatore soddisfatto, coinvolto, per chi ha la sensibilità giusta addirittura ispirato ma soprattutto con un pizzico impercettibile di malinconia.

Mario Aiello

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