Eduardo De Felice nasce a Napoli nell’anno domini 1981, comincia a suonar… bla, bla bla. Nulla di tutto ciò ci interessa realmente. Ci basti sapere che il 30 Ottobre scorso, per Apogeo Records, è stato pubblicato il suo secondo LP dal titolo Ordine e Disordine.
Eduardo De Felice | Ordine e Disordine (copertina)
A due anni dal precedente esordio È Così, il cantante partenopeo si ripresenta al pubblico con rinnovato vigore artistico, coadiuvato da un altra voce made in Naples, quella di Gnut (al secolo Claudio Domestico). Il sodalizio è sinergico e proficuo. La matrice musicale resta quella del Cantautorato misto ad elementi Pop, cioè: arzigogolati poco nelle parole e fruibili in modo semplice in quanto a musiche.
Il piglio però appare sin da subito più confidenziale e avvolgente. Il valore aggiunto sta nell’artigianato sonoro tutto strumenti legno e ottone, tra i tanti. Qualcosa di tangibile e materico. Le dieci tracce che compongono l’opera si lasciano ascoltare con piacere, stuzzicando la fantasia e soprattutto il benessere uditivo di chi preferisce canzoni melodiose, senza troppi orpelli.
Eduardo De Felice
Il passaggio dal testo malinconico e grigio di Al Momento Sbagliato, a quelli altrettanto malinconici ma profondamente intrisi di energie positive quali Viaggia Ragazzina e Il Dubbio e la Certezza.
Il bandolo della matassa è tutto qui. Ordine e Disordine racconta il disequilibrio stabile di contrari che convergono o puntano idealmente lo stesso centro di gravità. L’idea è ben rappresentata da due dei tre singoli finora estratti, ma il concetto di fondo si estende a tutto l’album. A corredo Eduardo De Felice fornisce una chiave di lettura di serie che ci permette sin da subito di poter saggiare sì l’inquietudine di determinati stati d’animo, ma anche, se non sopra ogni cosa, il risvolto propositivo sul quale in pochi si concedono l’opportunità di soffermarsi. La vera differenza che separa questa produzione dalla precedente, forse, è proprio questa.
Ordine e Disordine:
Quaranta minuti spiegati canzone dopo canzone.
Il Dubbio e la Certezza racchiude da sola quanto c’è di buono nel disco. Quasi a mimare la tipica degustazione preliminare, prima di andare ad approfondire ogni sapore in separata sede.
Sulle prime sembra di essere catapultati in un Noir anni cinquanta, con i fiati cullanti e le percussioni di accompagnamento: sinestesia di luci soffuse. Il raccordo arriva con la crudezza del crine dell’arco che strofina le ruvide corde di violino (o violoncello, se non sento le note acute non riesco a distinguere lo strumento dall’estensione. Mea culpa, mea maxima culpa). Non manca il mandolino che, per una volta nella vita, non è sinonimo di canzone napoletana. Per questo non ringrazierò mai abbastanza Eduardo De Felice e Michele Signore, che altri non è se non il musicista che dà vita alla voce sia degli archi che alla famiglia delle mandòle.
Soffermiamoci ancora un attimo sulla prima canzone. Superato il ritornello dal tono scherzoso e calzante, si arriva alla seconda strofa dove entra il pianoforte e, assieme a lui, un certo peso specifico di personalità. Perfetta la scelta delle parole: poche immagini, nitide, senza troppo trucco e parrucco retorico, ormai vera piaga di tanti cantautori che si sentono De Andrè in maniera del tutto immotivata. La convergenza degli opposti è qui molto palese e nel caso specifico “dubbio” e “certezza” virano verso un’unica luce, probabilmente spenta. Tuttavia, la sensazione di positivo presagire smorza ogni malinconia.
I contrasti concilianti nati da percezioni opposte proseguono in Foschia. Eduardo De Felice ci spiega che può esistere un contatto cautamente ottimistico alle intemperie che sferzano l’animo di chi si descrive.
Di sicula memoria invece L’Amore Cos’è. Ho pensato alla miglior Carmen Consoli, ma resta una vaga suggestione mnemonica. La nota che duole lo spirito di ogni cantautore che si rispetti è sempre e solo il massimo sentimento: l’amore. Dante ci scrisse giusto una cosina “minore”, qualcosa vorrà pur dire. L’amore in Ordine e Disordine è tratteggiato come la più classica delle forze incontenibili, quelle che hanno il potere di costruire e distruggere. L’autore la riporta in modo schietto, scevra di inutili giri di parole o sovrastrutture dolcestilnoviste stantie e ammuffite.
Ciò significa porsi domande e non volere vivere nell’affanno di trovare risposte. Così Eduardo De Felice mette fuori la narrazione delle proprie sofferenze:
“Amore è un po’ impazzire. Sia che ci sia un assenso, sia che vada a morire”
Il primo singolo estratto in Giugno è Viaggia Ragazzina. Brano dal sapore vintage, a metà strada tra la raffinatezza in chiave Paolo Conte e quella in stile Max Gazzè. Giusto per inquadrare a priori la cornice che le fa da sfondo. Il resto è nel viaggio, emotivo piuttosto che fisico. Scovando il nord ideologico con la bussola della libertà che ne diventa la luce per antonomasia, mentre il sole sarà l’obiettivo morale da raggiungere. Il disco si lascia seguire con fermento. Non guasta l’elemento melodico alla continua ricerca della conciliazione con l’udito. I già citati innesti “di scorza” (legni e ottoni) concludono le ultime faccende rimaste in sospeso.
Attimi di pura mestizia in Nostalgia. A metà percorso Ordine e Disordine presta il fianco a uno dei pochi momenti davvero grigi. Ma la battaglia si vince con la musica, dove l’interpretazione vagamente Easy Jazz/Funk con cui si addobba il bridge dopo l’ultimo ritornello, scuote gli stati d’animo e gestisce la coda finale della canzone.
Puro lo “sciallo” totale tende ad accennare sorrisi sui volti di chi ascolta. Merito di questa non meglio identificata forza che permea Qualcosa In Più. Eduardo De Felice ne sarà contento, certo se il suo intento fosse stato l’opposto, bisognerebbe rivedere a posteriori parecchi meccanismi. Ritorna il viaggio, ora correlato alle interazioni relazionali, non per forza convergenti verso qualcuno di specifico. Non per forza, ma stavolta sì. Il qualcosa in più potrebbe essere la materia oscura che separa equilibrio e armonia.
C’è spazio per una perculata elegante e a tratti dovuta. È il momento de La Tua Verità. La concretezza di certi argomenti diventa conciliante via via che il pezzo prosegue. Al termine pare arrivare addirittura una sorta di accettazione post-posta. Non c’è niente da fare, le donne (per fortuna) vincono ogni resistenza. O almeno mi auguro sia sempre così. Reminiscenze Nomadi, da prendere come un complimento.
In Fondo Al Buio è forse l’unica flessione fisiologica che Eduardo De Felice si concede mentre rammenta al pubblico che non ci si può affidare senza sosta ad emozioni “luminose”. L’autore si riprende in men che non si dica con la titletrack Ordine e Disordine, che è pure l’ultimo singolo uscito una settimana prima del disco. La vicenda riportata nel brano è lineare ma coinvolgente. L’amore scombussola le pedine sullo scacchiere ma, ancora una volta, ordine e disordine sono i due punti di vista che opposti osservano i risultati di quel sentimento.
Conclude l’esperienza forse il pezzo con più carisma, Percezioni. Eduardo De Felice, magari senza piena coscienza, si rifà all’indimenticabile Fabrizio Faber De Andrè: il richiamo alla narrazione reale nel suo immaginifico senso descrittivo; i contrappunti vocali e dei cori; i momenti strumentali ricchi di pathos. Chissà, saranno solo “percezioni”.
Ha fatto bene Eduardo De Felice a rimettersi in gioco.
Ordine e Disordine dimostra che il cantautore napoletano non meritava lo stop momentaneo dopo i primi passi nel mondo della musica. L’album si ascolta d’un fiato elargendo momenti di pura riflessione e intrattenenti. Di base non c’è ostracismo comunicativo: i testi non scimmiottano nessun grande poeta ed è un enorme merito. Concetti semplici assimilabili all’istante. Musicalmente ci si diverte tra melodie orecchiabili e operosità di strumenti “veri”, non senza qualche sorpresa: flauto traverso, mandolino, archi, percussioni e organo. Giusto per citarne alcuni.
Viva Parthenope.
Mario Aiello