Manca solo un mese e mezzo alla fine dei giochi. Nel frattempo, il ventunesimo film del Marvel Cinematic Universe colloca altri pezzi mancanti del puzzle della Fase 3, preparandoci ad “Avengers: Endgame“. Così possiamo finalmente assistere alle origini della prima super eroina protagonista dei Marvel Studios: Carol Danvers, alias Captain Marvel. Colei che sarà “arma” fondamentale nel piano per sconfiggere il Titano Thanos.
In medias res vi dico che il film è molto godibile, con l’Origin Story che si pone diversamente dalle prime pellicole dei vari eroi principali, senza però spiccare mai per davvero, nonostante lei il volo lo spicchi eccome. A rendere differente questa storia di origini è prima di tutto l’uso del flashback, di cui i due registi e sceneggiatori, Anna Boden e Ryan Fleck, ne fanno un punto di forza.
Riavvolgendo l’orologio di 22 anni, veniamo catapultati nel 1995. In un pianeta lontano troviamo Vers (Brie Larson) insieme al suo mentore Yon-Rogg (Jude Law) e gli altri guerrieri Kree in lotta contro gli Skrull, una feroce razza aliena che può assumere qualsiasi sembianza. Ci vorrà almeno mezz’ora per tornare con i piedi sulla Terra, quando Carol atterrerà in un Blockbuster di Los Angeles, conoscendo poi Nick Fury (Samuel L. Jackson). Inizia così un viaggio all’interno della propria memoria, per riscoprire sé stessa.
THANOS, ATTENTO, SEI AVVISATO!
Thanos stavolta non avrà vita facile, essendo Captain Marvel un personaggio molto potente – e chi legge i fumetti lo sa bene. Nel MCU ci troviamo ora davanti una protagonista quasi alla pari di Superman. Carol Danvers è la colonna portante della pellicola, per qualcuno potrà sembrare troppo “girls power”, a mio avviso sfrutta il contesto sociale proprio a suo vantaggio, mandando un messaggio ai soliti malpensanti. In Carol ci si può rispecchiare chiunque. Lei è rock ‘n’ roll, come la sua maglia dei Guns N’ Roses; Rivoluzionaria come il Grunge negli anni ’90, rappresentati attraverso svariati riferimenti, tra cui i Nirvana, o le locandine di “Mellon Collie and the Infinite Sadness” degli Smashing Pumpkins.
La recitazione di Brie Larson è un po’ glaciale. Decisamente meglio la sua “spalla”, ovvero Samuel L. Jackson nei panni di un giovane Nick Fury. A trarne giovamento è soprattutto il suo volto svecchiato. Il lavoro tra trucco e computer grafica è ancora una volta impressionante – erano riusciti a far miracoli anche con Michael Douglas in Ant-Man.
Sorprendente l’utilizzo degli Skrull, specialmente su Talos, interpretato da Ben Mendelhson. La gestione degli attori in scena è decisamente piacevole, e anche le altre figure, non vengono mai messe in ombra, mantenendo alta l’attenzione dall’inizio alla fine.
VA BENE COSÌ
Se il ritmo narrativo è coinvolgente per scrittura, non lo è certo per le scene d’azione. Gli effetti visivi sono molto buoni, ma non è presente una scena che può considerarsi memorabile. Nonostante qualche buono spunto, la regia fa il suo dovere da mestierante. Per la prima volta in un film dei Marvel Studios, forse, l’azione diventa secondaria. A frenare l’entusiasmo su Captain Marvel è la sensazione di aver assistito ad un altro lungo spezzone di passaggio.
Ricordarsi 10 anni di narrativa inizia, a tratti, ad essere un po’ faticoso. Pregi e difetti, ci regalano un’opera che, nonostante tutto, riesce a presentarci in modo degno la prima super eroina Marvel cinematografica.
Il secondo round contro Thanos si avvicina, l’antipasto è stato servito.
Emanuele Grillo