Bonding: sessualità oltre ogni limite nella nuova serie Netflix

Latex, sadomasochismo e perversioni sessuali sono i protagonisti di Bonding, la nuova serie tv disponibile nel catalogo Netflix.

Dopo il tentativo più che riuscito di Sex Education (le cui riprese della seconda stagione sono cominciate proprio questa primavera), il colosso streaming lancia un nuovo esperimento, volto nuovamente a svincolare la sessualità dai soliti tabù e a raccontarla con leggerezza e libertà. Stavolta in chiave un po’ più trasgressiva.

Tiffany, studentessa newyorkese di psicologia, di notte conduce una doppia vita: fa la dominatrice. Sotto il nominativo di Mistress May soddisfa le più strane perversioni sessuali dei suoi clienti, armata di frustini, corde, manette e tutto l’occorrente necessario. Un giorno, rendendosi conto di aver bisogno di un collaboratore, Tiff contatta il suo vecchio compagno di liceo Pete. Il ragazzo, a causa di un impellente bisogno di soldi, si trova ad accettare lo strano lavoro, ma ben presto diventerà più che un semplice assistente.

 Bonding, una mini serie non convenzionale

 

Bonding è una serie tv “in pillole”, con la prima stagione composta solo da 7 episodi, ciascuno di circa 15 minuti. La brevità della durata ne facilita la fruizione della storia, rendendo possibile la visione dell’intera stagione nell’arco di un paio d’ore o poco meno.

Per approcciarsi a questa dark comedy è necessario spogliarsi di qualsiasi pregiudizio e mantenere la mente aperta. Se in precedenza ci siamo esercitati contro il bigottismo con la visione di Sex Education, serie che ha esplorato il tema della sessualità giovanile in maniera trasparente ed esplicita, Bonding arriva cavalcando proprio quell’onda. Le vicende a cui si assiste sono ironiche e grottesche, ma in più di un’occasione è facile trovarsi spiazzati  o (quasi) disgustati.

Bonding

Sebbene le disavventure dei protagonisti siano a dir poco surreali, i personaggi apparentemente caricaturali racchiudono dei substrati, svelati poco a poco, che li rendono umani agli occhi dello spettatore. Quest’alternanza contribuisce a creare un perfetto equilibrio fra realtà e finzione. Il sadomasochismo, il feticismo, il piacere per qualcosa che fuoriesce dai tradizionali canoni della sessualità sono il fulcro del racconto.

Checché se ne dica, le perversioni erotiche non convenzionali sono molto più frequenti di quanto si possa pensare. Può capitare ad ognuno di averne, ma sono pochi quelli che ne parlano apertamente. È buffo immaginare la vicina di casa un po’ in carne che frusta il marito in tacchi a spillo, o il nostro macellaio di fiducia che si eccita guardando documentari sui pinguini. Tuttavia, per quanto assurdo sembri questo pensiero, la realtà a volte è più fantasiosa di quanto si creda. D’altra parte gli stessi clienti di Mistress May sono persone assolutamente normali, che hanno solo bisogno di sfogare le loro pulsioni segrete lontano da sguardi indiscreti e moralisti.

Una nota di merito va alla fotografia e alla scenografia, i cui colori sgargianti contribuiscono a regalare alla serie una certa personalità. Il tessuto narrativo non gode di una trama molto resistente: 15 minuti a puntata per soli 7 episodi non bastano per costruire qualcosa che lasci veramente il segno. Ad ogni modo il risultato finale funziona. L’aver spostato di un centimetro il limite normalmente concesso per ciò che concerne la sfera sessuale basta a creare la curiosità per andare avanti. L’esperimento è più che riuscito, dunque, e si presuppone una seconda stagione. Staremo a vedere.

 

Federica Brosca

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