I giovani teutonici Giant Rooks pubblicano Wild Stare, il loro terzo EP, sotto etichetta Virgin Records, a pochi anni di distanza dai precedenti lavori (autoprodotti) New Estate e The Times Are Bursting the Lines.
Cinque tracce (Wild Stare, Cara Declares War, 100 mg, King Nothing, Went Right Down) dal sound rock elettronico, con sfumature ambient e jazz, fatto di atmosfere malinconiche, fresche e armoniose, con tematiche intimiste, a tratti adolescenziali.
Canzoni che trasmettono tranquillità, hit dal sapore estivo da ballare in spiaggia davanti ad un bel tramonto, sorseggiando cocktail a base di Rum e Grand Marnier. Così, tanto per dare una nota di agrume e collassare al suolo in pace.
I Giant Rooks, nel giro di pochi anni, hanno dimostrato, con personalità ed entusiasmo, nonostante siano poco più che ventenni, di essere una realtà credibile e non soltanto una bella promessa. Non a caso, dal 2015 ad oggi, hanno conquistato il pubblico nei principali festival europei ed un contratto con la Virgin Records. Cose che non accadono a tutti, insomma.
La notorietà nel nostro Paese è giunta grazie al singolo Wild Stare, title track da un po’ in heavy rotation radiofonica. La voce sporca e soul di Frederik Rabe e le ruffiane ed orecchiabili sonorità ambient new wave rappresentano il (già maturo) trademark compositivo dei Giant Rooks. Facili i rimandi alle melodie degli Imagine Dragons, dei The Tallest Man on Earth o del cantautore britannico Paolo Nutini. Eccezion fatta per 100 mg che, in parte, mi ricorda le note malinconiche dei Black Keys di Turn Blue.
I Giant Rooks potremmo considerarli la risposta mitteleuropea allo strapotere mediatico dei Greta Van Fleet. E di questi tempi abbiamo visto come il nome Greta riesca a catalizzare l’attenzione dei mezzi di comunicazione di massa.
I ragazzi sono originari di Hamm, Germania, cittadina immersa nella regione della Renania Settentrionale-Vestfalia. La stessa dove è situata Düsseldorf, da cui negli anni ’70 partì la rivoluzione elettronica dei Kraftwerk. La rivolta teutonica all’egemonia del rock britannico degli anni ’60.
Se penso alla Germania, in campo musicale, mi viene in mente la scena krautrock, l’hard rock classico degli Scorpions e l’industrial metal dei Rammstein. Nonostante il ruolo storico fondamentale di un background così eterogeneo, sinceramente, non riesco a trovare alcun filo conduttore con la proposta musicale dei Giant Rooks, a parte la nazionalità e l’utilizzo della tastiera.
La verità è che l’omologazione che percorre i nostri tempi è proprio questa: trascende dal legame con la tradizione, a discapito della sperimentazione, con la consapevolezza di uniformare ogni prodotto musicale verso la spendibilità pop del momento, attraverso la definizione di un target commerciale ben definito.
Ma forse, pensandoci bene, non è sempre stato così?
Wild Stare è uno sguardo ad un futuro che brucia in fretta il presente, in una società multiculturale ed iperconnessa, nella quale siamo diventati parte integrante di questo sistema di cablaggio moderno. È un lavoro focalizzato sul lato selvaggio dei nostri sguardi, quelli che nascondono l’anima di una persona. La magia dello sguardo come specchio dell’anima, che mette a nudo le nostre emozioni, attraverso un soft rock raffinato ed easy listening.
Andrea Musumeci