È notizia di qualche ora: David Berman (Purple Mountains) si è spento.
La morte è sopraggiunta presumibilmente nella notte tra il 7 e l’8 Agosto. Cause e circostanze non sono state ancora comunicate né chiarite. Il triste annuncio è stato dato dalla storica etichetta Drag City attraverso il proprio canale twitter. Inutile dire che, col senno del poi, l’articolo seguente assume diventa un modesto omaggio all’artista. Una delle personalità più indipendenti e trasversali del panorama alternativo americano. I quasi dieci anni di silenzio musicale non hanno scalfito la vena creativa di David che, attraverso questo nuovo progetto, Purple Mountains, cercava di portare aria nuova sia alla scena sonora che a quella squisitamente personale, travagliata da grandi difficoltà.
Purple Mountains celebra il ritorno alla musica di David Berman. Dopo 10 anni di silenzio e assenza, l’indie di matrice psicologico ritrova il suo alfiere.
Purple Mountains altro non è che la nuova e inevitabile creatura musicale dell’eclettico David Berman, band e album omonimo.
Gli appassionati di indie puro di estrazione statunitense – che abbiano almeno un’età compresa tra i trenta ed i quaranta anni – hanno di certo le idee chiare circa la figura del cantante e chitarrista originario della Virginia. Tra genio, follia, depressione e dipendenze la sagoma in penombra di David.

Venti anni di musica prima dell’addio alle scene.
Per due decadi, tra gli inizi degli anni novanta e il crepuscolo dei primi duemila, David Berman ha scritto una pagina particolarmente importante di quella che al tempo non era propriamente riconosciuta come musica ‘indie’. Il veicolo di quell’ispirazione sono stati i Silver Jews, la band più rappresentativa tra le composizioni firmate dall’autore. In mezzo ben sei LP che, nonostante il target di nicchia, hanno oltre ogni ragionevole dubbio apportato grande stile e contenuti al (più o meno) nascente movimento indipendente come oggi, in senso lato, lo intendiamo.
Purtroppo nel duemilanove i problemi psicologici e di dipendenza di David hanno decretato la fine dei Silver Jews e della sua produzione musicale. Senza alcun preavviso, anche se nelle pochissime interviste l’autore ha sempre spiegato di aver lasciato per nuove auto imposte condizioni di vita e di non essere interessato a proseguire, in quel modo, la carriera da musicista. Tra il serio e il faceto ne abbiamo preso atto.
La difficile personalità e il lungo percorso fino a Purple Mountains.
Riluttante alla figura di personaggio pubblico e schivo per natura, David Berman ha sempre evitato il rapporto con fan ed appassionati. Rarissime le interviste, i concerti dal vivo quasi inesistenti e, letteralmente, unici i confronti con chi lo acclamava. Non poco ha condizionato la vita del musicista – ma anche scrittore di prosa, poetica nonché fumettista – lo stato depressivo cronico e la dipendenza da droghe. Purple Mountains è con ogni probabilità il prodotto materiale di alcuni eventi che hanno scosso il già precario equilibrio psicologico di David: prima la morte della madre, suo unico riferimento della famiglia di origine, poi la separazione dalla moglie Cassie e l’abbandono della casa coniugale.
David Berman si ritrova solo e senza un alloggio stabile ma pieno di materiale sul quale poter arrangiare nuovi brani. La musica ha saputo, in quel momento, offrirgli il giusto mezzo per tirar fuori sensazioni e stati d’animo più della scrittura o della sceneggiatura. Una sorta di ritorno alla genesi.
Da David Berman ai Purple Mountains per Purple Mountains.
L’album è uscito per Drag City, storica etichetta di David, lo scorso 12 Luglio. Dieci tracce senza un reale riferimento storico di genere. Le accomuna il forte senso di ‘indipendenza’ creativa dove si riversano immancabilmente tutte le frustrazioni e il pessimo stato d’animo dell’autore. La trasposizione in musica, tuttavia, nasconde gli ossimori tipici del Berman scrittore, ovvero composizioni che paiono allegre per certi frangenti ma nascondono tematiche delicate tra le pieghe del testo. Testi criptici, appunto, ma chiari nella loro relativa semplicità di ‘portatori di un messaggio’, forse un esercizio di stile derivato direttamente dall’attività di scrittore: un invito quasi esplicito a scorgere fin nel dettaglio quanto proposto all’ascoltatore, sia attraverso le note (con qualche digressione in pieno flusso di coscienza) che con le parole.
Dettagli che stilizzano lievemente l’idea di Purple Mountains, l’opinione si affina con l’ascolto e mi rendo conto di essermi completamente arenato sulla figura di David Berman piuttosto che dell’opera edita poche settimane or sono.
L’album è stato anticipato prima dal singolo All My Happiness Is Gone, seguito da Darkness And Cold. Il resto, con le dovute attenzioni e proporzioni, potrebbe diventare storia. Vale la pena dedicargli un lungo ascolto? Sì, assolutamente.
Mario Aiello
(aggiornato in data: 08.08.2019)