“But everybody’s changing
And I don’t feel the same”
Prendo in prestito le parole di una ben nota canzone dei Keane per introdurre una controversa vicenda che vede protagonista David Byrne, il deus ex-machina dei Talking Heads nonché una delle più versatili menti artistiche del panorama internazionale.
LE ACCUSE DI RAZZISMO A DAVID BYRNE
L’episodio è datato 1984, con l’artista impegnato ad interpretare persone di colore in un filmato promozionale del film concerto dei Talking Heads “Stop Making Sense” attraverso la blackface, ossia la colorazione del volto in chiave caricaturale delle persone di colore che una volta era (mal)costume comune negli Stati Uniti.
Recentemente un giornalista mi ha fatto notare una cosa che ho fatto in un video promozionale nel 1984 per il film concerto dei Talking Heads, vesto i panni di vari personaggi che mi intervistano, e alcuni di essi sono di colore. Avevo quasi dimenticato quella scenetta e mi fa piacere che qualcuno me l’abbia ricordata. Mi riguardo mentre interpreto quei personaggi, tra cui alcuni con il volto nero e marrone, e capisco che quel video è frutto di un errore di valutazione e di una grave mancanza di comprensione. È come guardarsi allo specchio e vedere qualcun altro: non sei, o non eri, la persona che credevi di essere.
Questo il commento del diretto interessato attraverso Twitter, che continua
Tutti abbiamo enormi punti deboli – beh, io certamente li ho. Mi piace pensare di essere migliore di errori come questo, ma evidentemente all’epoca non lo ero. Come dico alla fine del nostro spettacolo di Broadway American Utopia, “anch’io ho bisogno di cambiare”. E credo di essere cambiato da allora.
In un’epoca caratterizzata da continue polemiche e revisionismo all’insegna del rispetto dei valori umani, David Byrne ha dato una grande lezione di umanità e di come si può sopravvivere ai propri errori conservando una splendida integrità artistica e personale.
Qui sotto lo sketch promozionale incriminato.