Fotograf e la vita di Jan Saudek. La mediocrità che non infastidisce

Fotograf è un film biografico liberamente ispirato alla vita di Jan Saudek, fotografo ceco 83enne di origine ebraica.

Fotograf

Nel lungometraggio di Irena Pavlásková ci viene mostrato un Saudek all’apice della sua notorietà, immerso nella sua arte e nelle sue mostre. Un personaggio quasi universalmente riconosciuto come  artista unico e particolare. La sua casa/studio è un harem di donne, fonte d’ispirazione e sfondo delle sue opere.

Più che l’artista, la pellicola presenta l’uomo, erotomane e ninfomane, certo, ma anche triste e sofferente. La sua vita, almeno fino a quel momento, non è di certo stata una passeggiata. Tramite alcuni flashback, incubi o direttamente dalla bocca dello stesso protagonista, questo passato ritorna e condiziona inevitabilmente anche il presente.

E quindi ecco l’uomo che fugge la solitudine rifugiandosi nell’arte e nel sesso. L’uomo che fa sentire amate tutte le donne che varcano la sua porta, proprio perché egli stesso ha provato sulla propria pelle il rifiuto e l’abbandono.  L’uomo che trasforma ogni donna in un’opera d’arte trascendendo ogni concetto di bellezza.

Il punto focale del film però è solo di queste donne, Lìba, e il suo insinuarsi nella vita di Saudek, fino al punto di prenderne il totale controllo. L’azione si muove nell’arco di una decina d’anni, seguendo in ordine temporale tutte le tappe del piano diabolico messo in atto dalla donna.

Nel mezzo troviamo sesso, nudità e creazione, il tutto inscenato con sensualità ma soprattutto con una naturalezza sorprendente. Una biografia dai tratti tragicomici, che oscilla tra mero racconto e creazione filmica.

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Fotograf – Il Commento 

La mediocrità, al contrario della genialità, non dà fastidio a nessuno”. Questa la frase pronunciata dal critico d’arte sempre ostile e pedante nei confronti del famoso fotografo.

Eppure è la frase con la quale, non me ne voglia nessuno, riassumerei Fotograf.

Un personaggio così singolare ed eccentrico come Jan Saudek è già di per sé un soggetto cinematografico a dir poco perfetto. Dopo un’infanzia segnata dal campo di concentramento, viene perseguitato dal regime comunista di Praga per i suoi lavori incentrati sull’erotismo delle forme femminili (anche abbondanti). Inizia a condurre una vita sregolata, tra donne, alcool e una smodata passione per la fotografia. La peculiarità dello stile di Saudek consiste nel colorare ad acquerello le sue stampe in bianco e nero. Ciò viene racchiuso in poche e brevi scene che, tuttavia, riescono a rendere, grazie ad una buona tecnica fotografica, la bellezza delle sue creazioni.

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Ciononostante, la pellicola, arrivata in Italia a distanza di tre anni dall’uscita in terra patria, si concentra, più che sulla vita e sull’arte del fotografo, sulla sua passione per le donne, e su una donna in particolare: Lìba (Marie Malkova). La storia della ragnatela di inganni e sotterfugi per appropriarsi delle proprietà e dei lavori di Saudek, ed affermarsi come artista grazie al suo supporto, attraversa tutto il film.

Il centro spaziale di riferimento è la sua cantina, culla delle sue opere più importanti e frequentata da innumerevoli donne: dalle prostitute alle critiche d’arte, dalle modelle alle ammiratrici. La nudità femminile e il sesso, rappresentati in modo esplicito e senza pudore, sono un elemento fondante.

Il film sembra quasi un omaggio alla capacità di un uomo di far sentire ogni donna, anche la più sfiorita o in carne, giovane e desiderabile;  se non fosse per il fatto che a dirigerlo è una donna: Irena Pavlásková.

La regista, però, mette in scena la doppia faccia della femminilità: da una parte la passionalità e la sensualità delle partner occasionali; dall’altra la donna che sfrutta il suo fascino per propri scopi egoistici.

Avvalendosi della collaborazione dello stesso Saudek, che apre e chiude il bio-pic discutendo con il suo stesso interprete, Karel Roden, Fotograf riesce, anche con una relativa leggerezza, considerando le poco più di due ore, a presentare al pubblico il connubio tra un uomo e la sua arte, nel totale rifiuto di ogni forma di moralità e censura.

Quindi, sarà sicuramente vero che la mediocrità non dà fastidio a nessuno, proprio come questo film. Fotograf però ha il merito di restituire al pubblico del XXI secolo un artista misconosciuto, e di ribadire nuovamente come la genialità sia necessaria ora più che mai, in una società che aprendosi sempre più al mondo sembra invece voler rinchiudersi in se stessa.

 

Luciano Calandro

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