In/Out, quinto album solista di Fabio Zuffanti, è stato pubblicato per AMS Records lo scorso cinque Aprile. Menzione speciale, subito, a priori, per il bel lavoro grafico svolto a favore del concept artistico riguardante packaging, copertina, libretto e design. Sono del parere che si possano seguire solo due strade sulla questione: o si va spediti senza fronzoli all’insegna del feticcio spartano in ogni aspetto; oppure, se deve essere fatto, che sia fatto così, come è stato concepito In/Out. Non mi credete? Osservate con i vostri occhi.

Fabio Zuffanti – In/Out
Tornando all’aspetto squisitamente musicale, nove tracce che seguono a distanza di ben cinque anni il precedente lavoro intitolato La Quarta Vittima. Un lustro che ha permesso al Zuffanti musicista-tuttologo (per suoi evidentissimi meriti) di immergersi completamente nella stesura delle canzoni – tra le quali non mancano pezzi strumentali – attingendo dal suo enorme bagaglio culturale al fine di destrutturare il concetto canzone ed assemblarlo ex novo con innesti prog, di elettronica, avanguardia e il ‘pop’ come oggi lo si riconosce.
In/Out: album pensato con una radice identitaria ma riscritto con più teste ed altrettante mani.
Stavolta Zuffanti assurge principalmente a ruolo di autore, compositore e, benevolmente detto, direttore d’orchestra. Difatti alla voce troviamo Fabio Cinti, mentre un fattivo contributo dal punto di vista degli arrangiamenti è dato da Livio Magnini. Giusto per fare un paio di nomi e non rovinare la sorpresa nelle citazioni di rito, quando si ha a che fare con musicisti navigati e di un certo spessore artistico. Il ‘già Bluvertigo’ ha apportato quel tocco tipico che chi lo conosce riesce subito a distinguere. Risultato? Un do ut des dal tratto prolifico, additivo e mai sottrattivo: fusione rodata tra chitarre, batterie vere e ‘presunte’, tastiere, loop, elettronica ed archi. “Minchi… no”.
In/Out: il disco traccia dopo traccia.
La scelta del titolo della prima canzone ha un non so che di evocativo. Il brano si intitola Ascoltate Attentamente Perché Sono Cambiate Le Nostre Opzioni. Preso così sembra quasi un avvertimento, tuttavia l’ho letto – soprattutto ascoltando le fasi sonore iniziali – come un omaggio al Maestro Franco Battiato. Forse una piccola postilla da non dimenticare. Si sente la totalità della musica che in soli due minuti riesce ad esprimersi in ogni strumento che viene chiamato in causa.
Fase Uno entra nel vivo del sentimento teatrale che Zuffanti ha saputo conferire all’opera. Oltre a questo, si evince il moto destrutturante che ciclicamente affiora durante la riproduzione dell’intero In/Out. I richiami al progressive anni ‘70 (anche fine anni ‘60) ci sono tutti, e per fortuna il genere pare stia tornando a nuova e colta giovinezza. Brano coinvolgente, incalzante e cullante grazie al violino che, sulle prime, viaggia a metà tra dolce e arguto. Basso factotum ideale, strumenti su ogni frequenza della sinusoide sonora, poi elettronica e psichedelia di contrappunto. Testi semplici ma dall’ermetismo criptico sul versante ‘ipotesi, idee, concretizzazioni’.
Si acquietano gli animi in Gli Inconsolabili. Un brano dalla forma più consueta. Racconto di disillusioni ed agrodolci constatazioni emotive.
Naturale conseguenza è In/Out, title track e seguito ininterrotto della precedente. Musica e contenuti riprendono la chiave già introdotta ma ora con fare quasi da disco dance. Interventi di chitarra, grancassa della batteria sempre in quattro e linea di canto ovattata sul refrain. Analogia del sentimento rarefatto, seppur persistente, che descrive. Cambi di scena attesi ma ma senza riferimenti chiari, ne viene fuori un sussulto che, nonostante la risoluzione ritrovata sul finale che richiami vagamente gli Eagles, ha un suo perché tuttotondo ed imprescindibile, volendo.
Violenza Domestica è invece isterica, aggressiva e con una strofa tra prog ed easy jazz che fa davvero la differenza in questo disco di Zuffanti. Non riesco a capire se oltre l’effetto sulla voce ce ne sia una seconda, tuttavia lo sviluppo conclusivo totalmente fuori da ogni schema ipotizzabile mi ha distratto con piacere facendomi desistere dal dubbio. “L’anima vuole suoni disarmonici” cita un trafiletto del testo: deve essere successo qualcosa nell’uomo.
I-O Coda. Riassumibile con poche parole che focalizzano i punti chiave. Strumentale, electronic ambient, suoni, sensazioni. Anche qui finale inatteso all’insegna del crescendo e del pathos.
Se Ci Sei è una canzone più semplice che affida il contenuto al profilo chitarra acustica e voce con qualche innesto a corredo, soprattutto di violino. Il tema del disco è fino ad ora ascrivibile a questioni di puro amore, coniugato in ogni tempo verbale e declinato in ogni genere e caso. Ad ogni modo, tutti i lineamenti riconducono sempre e solo ad un’unica figura.
In-Quieti rappresenta il sussulto dei suoni (toni) delle basse frequenze, quelle che vibrano nel petto. Unico neo il testo un filino fuori controllo, a briglia sciolta nella prateria dell’iperdescrittivo che, a conti fatti, restituisce più quantità di parole che qualità delle stesse. Parere puramente personale.
Conclude l’esperienza a firma Zuffanti il brano Frantumazione. Tendenza delle ultime tracce è quella di contraccambiare una narrazione dai connotati parecchio meno criptici. Pezzo scisso in due metà: la prima spigolosa e concreta; la seconda articolata, parzialmente cervellotica, ma con un appena percettibile brezza risolutiva, un rigo melodico accomodante su cui appoggiare i propri pensieri.
Cos’altro aggiungere?
Giunti a questo punto non ho davvero altro da incorporare. Ultima chiosa: In/Out di Fabio Zuffanti è un costrutto atipico modellato con perizia estetica. I contributi degli artisti e dei musicisti che hanno speso fantasia e tenacia per il suo completamento, si intrecciano al concetto di base suggerito dall’autore, rendendo l’opera appetita a chiunque sappia apprezzarne gli spunti, oltre alla forma.
Mario Aiello