“Unorthodox”: storia di una ragazza “fuori dagli schemi”

Non è certo un caso che Unorthodox sia la serie televisiva di cui più si sta parlando negli ultimi mesi. I quattro episodi che compongono l’unica e breve stagione sono stati scritti da Anna Winger e Alexa Karolinski, sotto la direzione di Maria Schrader. Il tutto è ispirato vagamente all’autobiografia di Deborah Feldman, intitolata “Ex Ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie origini chassidiche”.

Inevitabile chiedersi il motivo di tanto successo. Ecco, in primis, si tratta di un ennesimo prodotto di casa Netflix, reso disponibile dal 26 marzo 2020. Poi, in un periodo di reclusione è facile completare le visioni proposte presenti in catalogo. Bisogna però ammettere che l’elevato seguito della miniserie è legato soprattutto alla sua singolarità.

Al centro di questo racconto, diviso tra gli splendidi scenari delle città di New York e Berlino, c’è la comunità ultra-ortodossa chassidica, di cui si parla raramente sugli schermi. Unorthodox, tuttavia, non è l’unico prodotto che tratta questo tema. Anzi, ha ben due colleghi meno conosciuti. Ovvero, il film-documentario del 2017 One Of Us, in cui i protagonisti tentano di evadere dalla loro comunità, e  Shtisel (2013-2016), altra serie tv in cui la finestra sul mondo religioso è meno documentaristica e con una nota più romanzata.

Per una risposta ancora più completa riguardo la sua buona riuscita, proseguiamo con l’analisi.

Unorthodox – LA TRAMA 

Williamsburg è uno dei famigerati quartieri della Grande Mela, famoso anche per la presenza di numerosi ebrei hasidici del movimento “Satmar”, i fedeli sopravvissuti alla Seconda Guerra Mondiale. Il nome specifico deriva dalla città ungherese da cui ha origine la stirpe.

I riflettori sono puntati su Esther Shapiro, detta Esty (Shira Haas), e sulla sua famiglia. A soli diciannove anni, diventa moglie di Yanky Shapiro (Amit Rahav). Il matrimonio, come da tradizione, è combinato. L’unico obiettivo dell’unione è ampliare la comunità religiosa in modo da rendere giustizia ai familiari scomparsi a causa dell’Olocausto.

La giovane protagonista di Unorthodox decide di scappare dalla propria quotidianità rifugiandosi a Berlino, alla ricerca della propria identità e di nuove risposte alle sue irrisolvibili questioni. La capitale tedesca, tra l’altro, è la stessa città in cui sua madre, Leah Mandelbaum Schwarz (Alex Reid), si è rifugiata molti anni prima, abbandonandola di conseguenza.

Scoprire che il mondo fuori dalla propria comfort zone è diverso non renderà assolutamente la sua vita meno complicata.

“UNORTHODOX”: UNA STORIA “FUORI DAGLI SCHEMI” 

Il primo aspetto che risalta agli occhi dello spettatore da divano è la differenza tra le due città, concepita come la contrapposizione tra la comunità chassidica ed il mondo al di fuori. New York, la città emblema del sogno americano, viene surclassata dalla tedesca Berlino. È immediato notare un’affascinante attenzione ai dettagli scenografici. New York, nell’immaginario della protagonista, appare una cittadina chiusa, piccola e grigia. Berlino, invece, sprigiona musica da ogni angolo, è aperta e colorata.

Nel luogo in cui è nata e cresciuta, Esther deve rispettare delle regole rigide e precise. Non può indossare jeans, non può avere alcun accesso ad internet, non può mangiare determinati cibi, come il prosciutto. Questi sono solo alcuni dei principi fondamentali su cui si basa la vita di tutti i componenti della comunità.

Il matrimonio, concepito come “l’inizio di una nuova vita”, non si rivela in nessun modo tale per Esty. La giovane decide di scappare non per l’inadeguatezza del rapporto di coppia, ma per il rifiuto da lei ricevuto.

Quella vita, definita dal rabbino come “lotta continua tra bene e male”, non viene assimilata e condivisa allo stesso modo tra uomini e donne. Si nota con facilità che gli uomini possono dedicarsi a molte più attività, mentre il compito delle donne è ridotto quasi solo alla procreazione di nuovi individui. Infatti, Esty non può dedicarsi ad una delle sue più grandi passioni, la musica, poiché “le donne che cantano in pubblico sono considerate indecenti”.

Dunque, i creatori di Unorthodox possono considerare il loro lavoro assolutamente ben riuscito. Soprattutto per essere stati in grado di andare oltre i cliché e aver dato grande autenticità al racconto.

La protagonista con cui abbiamo costruito uno stretto rapporto empatico virtuale non è davvero una ragazza fuori dagli schemi, ma lo è da quelli che la sua comunità le impone. Presto si renderà conto di essere diversa dal suo mondo ed ugualmente diversa da quello degli altri. Nonostante questo aspetto, imparerà a non avere paura dell’ignoto.

unorthodox

ESSERE O NON ESSERE YIDDISH

Quando si fa riferimento alla comunità chassidica si parla del movimento religioso-spirituale nato in Polonia nel XVIII secolo e diffusosi nel resto del mondo grazie allo spostamento dei fedeli nel corso del tempo.

Gli spettatori di Unorthodox hanno senza dubbio colto l’aspetto linguistico alla base della narrazione. La serie televisiva alterna inglese e sprazzi di tedesco, ma al centro pone il dialetto yiddish, caratteristico delle popolazioni germaniche occidentali.

Questo dato non è da sottovalutare e ripercorrendo la storia della letteratura tedesca il personaggio di Esty appare ancora più incisivo. La sua “non appartenenza” la collega ai cosiddetti “saltimbanchi”, definiti in tal modo poiché lontani dalle proprie radici culturali, così come troppo diversi da quelle circostanti. Il maggiore riferimento letterario a cui si può pensare è Franz Kafka. Sebbene i due personaggi di cui stiamo parlando siano molto lontani tra loro, la loro forza di evadere dalle convenzioni, dal modo in cui sono stati cresciuti ed educati e dalla propria realtà, li unisce rendendoli degli eroi da cui prendere esempio.

Assunta Urbano

Assunta vive a Roma ed è laureata in Lingue, Culture, Letterature,Traduzione presso La Sapienza. È una divoratrice di musica (specialmente britpop anni ’90) ed un'assidua frequentatrice di concerti. Ama i film tragicomici, legge libri classici, viaggia per il mondo, ma soprattutto mangia tanta tanta pizza.

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