“Favolacce” dimostra che il surreale esiste anche nel cinema italiano

Di storie ce ne raccontiamo tante e facciamo a gara a chi ce l’ha più impressionante degli altri, ma di Favolacce, invece? È proprio questo il titolo di uno dei film, che purtroppo, non ha avuto la possibilità di risplendere in un piccolo cinema di quartiere oppure sotto i riflettori di in una qualsiasi multisala. E tanto meno la sua pubblicità ha potuto tappezzare i mezzi di trasporto delle città grigie di questi mesi.

Quando si parla di Arte, con la A maiuscola, però, lo spazio adatto per emergere dal buio c’è sempre. E se non c’è, il modo per crearlo viene fuori, prima o poi.

L’uscita di Favolacce nelle sale cinematografiche era prevista per il 16 aprile ed è stata annullata a causa dell’emergenza sanitaria. La pellicola, però, ha avuto già una piccola e meritata riconoscenza. Lo scorso anno, infatti, Damiano e Fabio D’Innocenzo (ambedue alla scrittura e dietro la macchina da presa) hanno trionfato alla Settantesima edizione del Festival del Cinema di Berlino, conquistando l’Orso d’Argento per la Miglior Sceneggiatura.

Avevamo già apprezzato i due fratelli con la sceneggiatura di Dogman e con il loro esordio personale grazie a La Terra dell’Abbastanza, entrambi nel 2018. Quest’opera non ha fatto altro che consolidare e riaffermare il loro valore artistico.

Il film è disponibile dallo scorso 11 maggio, in particolare sulla piattaforma digitale TIMVision, dato che la Vision Distribution si è occupata della distribuzione.

Favolacce

FAVOLACCE | LA TRAMA 

È arrivata la tanto attesa estate per le famiglie che gravitano intorno ad una zona periferica della Capitale. Tutto sembra nella norma, nelle villette a schiera che ricordano i quadri di Hopper. I genitori trascorrono del tempo con i loro figli, ormai troppo grandi per essere definiti bambini e troppo piccoli per essere davvero adulti. L’adolescenza è una brutta bestia, soprattutto in circostanze monotone. E il rapporto tra genitori-figli non è abbastanza stabile per un confronto concreto. L’unione che fa la forza, tra ragazzini coetanei, porterà all’inaspettato.

IL RACCONTO DI UN’ESTATE INSOLITA 

L’idea di Favolacce è stata partorita dai due fratelli circa dieci anni fa, ma non era stato possibile realizzarla prima d’ora. Di certo, la pellicola si conferma attuale ed autentica, anche a distanza di tempo dalla sua ideazione.

Il titolo nasce dalla fusione delle parole “favole” e “parolacce”, come era di facile comprensione. Queste Favolacce, dunque, sono le storielle quotidiane che ci si racconta tra amici e vaghi conoscenti, ma che spesso non hanno nulla di vero. Oppure, in altri casi, sono più reali di quanto si possa pensare.

Al di sotto, si nascondono luoghi comuni misti ad una visione surreale di un’estate appiccicaticcia che, tra l’altro, noi non vivremo quest’anno.

Non si ha a che fare con scialbe e inutili fiabette ma con degli spaccati di vita che portano – inevitabilmente – lo spettatore alla riflessione.

Il film è amaro, è sorprendente ed è un vero pugno nello stomaco. Seppur appaia molto lontano dalla nostra società, il tema portante dell’incomunicabilità all’interno delle famiglie e tra le persone circostanti è più reale che mai. L’incapacità di esprimersi, di mostrarsi e aprirsi all’altro. Rendersene conto tramite una visione del genere è un secchio di acqua gelata in testa nel periodo più freddo dell’anno.

Il pubblico si ritrova ad osservare questi insoliti bambini, silenziosi e composti, il cui gioco preferito è provare a fare gli adulti.

I ragazzini, sulla soglia dell’adolescenza, sono il collante che lega l’intero racconto e lo rende prorompente. In un certo senso, sembrano essere messi a confronto l’individuo intellettuale, che non si accontenterà mai del mondo in cui vive, con il più becero qualunquista. 

 Favolacce

Favolacce – Il surreale esiste anche nel cinema italiano

I colori scelti, questa sorta di finto e annebbiato pastello, rendono la narrazione più surreale della trama stessa. I fratelli D’Innocenzo ci permettono, finalmente, di affermare che il surreale esiste anche nel cinema italiano.

Se siete degli incalliti appassionati di cinema sono sicura che spesso vi sarete ritrovati alla ricerca di qualcosa per scombussolarvi la mente. Bene, scorrendo i risultati web sui famosi “film disturbanti” vi sarete accorti che nessuna produzione italiana è mai stata citata in alcuna di queste improvvisate classifiche. E, soprattutto, in vetta avrete trovato quasi sempre David Lynch.

Per quanto io non lo apprezzi granché, do a Cesare quel che è di Cesare e non posso che definirlo come il regista del surreale. La domanda, però, a questo punto sorge spontanea: perché cercare solo “fuori”? Attenzione, non è di certo un modo per dire “prima gli italiani”, anzi. Non potrei essere meno d’accordo con quella concezione. Più che altro mi piacerebbe che gli spettatori aprissero gli occhi verso il vicino di casa. Anche perché un film valido come Favolacce potrebbe conquistare molto di più di quanto stia facendo.

Il cinema italiano d’autore di qualità esiste e spazia in ogni genere, soprattutto considerando gli ultimi dieci anni – spettacolari.

 

 Favolacce

 L’ARTE NON È APPASSIONARE E DIVERTIRE 

Nell’ultimo mese si è discusso molto riguardo l’affermazione del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo cui gli artisti fanno appassionare e divertire. Sinceramente non pensavo di trovarmi a scrivere queste righe, perché la visione dell’italiano medio sulla questione coincide con quella del Presidente che li rappresenta.

Un italiano in media che compra il biglietto per andare al cinema (considerando già alto il suo livello, se decide di dedicare del tempo alla Settima Arte), non sceglie un film d’autore. Le sue preferenze ricadono sul prodotto mainstream X, per “rallegrare” la sua serata. Il medesimo e spiccicato discorso, poi, vale per l’ambito musicale.

Quindi, miei cari, lasciamo proprio perdere la questione, che a lavare la testa all’asino si perde tempo e sapone. Per fortuna, però, la media non comprende l’intera popolazione italiana e c’è ancora qualche briciolo di speranza nel futuro, grazie anche a Damiano e Fabio D’Innocenzo.

Non mi resta che concludere con la citazione di Lino Musella, che in Favolacce ha interpretato magistralmente il professor Bernardini. Ricordatelo sempre:

“I geni hanno una vita di merda”

 

 

Assunta Urbano

Assunta vive a Roma ed è laureata in Lingue, Culture, Letterature,Traduzione presso La Sapienza. È una divoratrice di musica (specialmente britpop anni ’90) ed un'assidua frequentatrice di concerti. Ama i film tragicomici, legge libri classici, viaggia per il mondo, ma soprattutto mangia tanta tanta pizza.

Ciao, abbiamo rilevato che stai utilizzando una estensione per bloccare gli annunci. I banner pubblicitari ci consentono di fornirti notizie in maniera gratuita.

Supportaci e continua a leggere disabilitando il blocco e inserendo il nostro portale nella whitelist