L’altra sera giravo in macchina ad ascoltare musica in compagnia. Di questi tempi, una circostanza alquanto fortunata, tenendo conto di ordinanze regionali, DPCM e chi più ne ha più ne metta.
Tra una canzone e l’altra, dalla playlist saltano fuori con prepotenza i Ministri, probabilmente il colpo di coda di quel rock alternativo a cavallo fra gli anni ’00 e gli anni ’10 che mirava più a conquistare palchi e platee che ascolti in streaming e viralità sui social. In particolare, parte una traccia che racchiude nel titolo anche il nome del disco: “Noi Fuori”.
Il giorno dopo scopro che proprio “Fuori”, il terzo disco in studio della band milanese, compie dieci anni. E quindi perché non celebrare nel modo migliore (in ritardo, ça va sans dire) quest’opera a suo modo cruciale per il panorama discografico indipendente?
Ministri, 10 anni (di) “Fuori”
Dodici canzoni (più una ghost track) che hanno generato un notevole chiacchiericcio in quel mese di ottobre del 2010. Vuoi perché, dopo la firma con l’Universal, i tre Ministri erano considerati the next big thing del rock nostrano. Vuoi perché non hanno mostrato remore nel sentirsi a loro agio attraendo critiche già dal primo singolo promozionale: “Il Sole (è importante che non ci sia)”.
Metafora stratificata di come i paesi meno soleggiati siano in realtà quelli più produttivi, parte con un rullante elettronico che ha fatto alzare ben più di un sopracciglio ai puristi del genere.
Il gruppo ha rincarato la dose nel giro di poche settimane con un altro estratto, intitolato “Gli alberi”. Con il videoclip ufficiale in rotazione su MTV (e non ai soliti orari notturni riservati all’alternative italiano, posso testimoniare di averlo visto una volta appena uscito dal liceo!), il sottobosco era pronto a pronunciare la fatidica fase “però da quando sono passati con la major non sono più la stessa cosa”.
Ed invece, coup de théâtre: a disco pubblicato, analizzare track by track il CD (che tra l’altro ha anche debuttato al 15° posto in classifica di vendite – mica male) dimostra una sana voglia di inglobare in questo elaborato tutte le principali influenze musicali. Di fare un po’ quello che pareva a Federico Dragona, Davide Autelitano e Michele Esposito, con buona pace della label.
Non mancano le citazioni (“Le città senza fiume” è un palese tributo a “Summer on a Solitary Beach” di Battiato), l’impegno ideologico (“Una questione politica” e “Voglio vederti soffrire”, che tratta dei medici obbligati per legge a denunciare i pazienti sotto cura in status di immigrato irregolare) e la sperimentazione elettronica (con “Tutta roba nostra”, terzo brano soggetto di videoclip).
Non manca l’identità: quei brani pestati che raccontano storie vivide come una stilettata nello stomaco; il riferimento è a “Mangio la terra”, “Due dita nel cuore” ma principalmente a “Noi Fuori”, talmente bella e sentita che la parte voce e batteria di Davide Autelitano viene cristallizzata nel disco nonostante un palese fuoritempo.

Uno smalto che resiste al tempo
La patina di rock alternativo che pregiava “Fuori” resta a mio parere intatta nonostante il tempo trascorso. È un disco intrigante, ricco di contenuti e probabilmente oggetto di critiche un po’ gratuite, realizzato da artisti abituati a rispondere ai detrattori a suon di concerti. A ben vedere, un disco grigio, cupo ed in linea con le profonde inquietudini palesate nel precedente “Tempi Bui”.
Il paradosso è che, all’alba del 2020 e tutti i casini che saltano fuori ogni mese, appare un album carico di speranza ed energia. Forse ci hanno visto talmente lungo che i “Tempi bui” sono questi, con l’auspicio di uscirne “Fuori” a suon di note dinamitarde.
Intanto, godiamoci questa bella ora di musica ed un’immancabile raccolta di aneddoti redatta da Federico Dragogna, chitarrista, autore principale delle canzoni e notevole cantastorie de I Ministri.
Puoi vederla tra le storie in evidenza sul profilo Instagram dei Ministri.