Il 25 novembre è la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne.
La violenza di genere è un tema molto sentito nell’ambiente dell’arte e della cultura. Tanti infatti sono gli interpreti da tutto il mondo che se ne occupano contribuendo attraverso iniziative e soprattutto con testi di denuncia. Nonostante la diffusa influenza mediatica, non si smette di sentire dalle cronache storie di femminicidio, episodi di ingiustizie e violenze psicologiche mosse contro le donne. La violenza fisica, tuttavia, è solo la punta dell’iceberg. Non si può negare che dopo secoli di lotta, permangono ancora oggi residui di un vecchio sistema retrogrado di cui poco si parla, specie nell’industria musicale.
A parte scrivere canzoni di denuncia, proviamo a immaginare come la musica possa contribuire per un mondo meno sessista e violento, superando tenaci barriere culturali.
L’ELETTRONICA È COSA DA RAGAZZE, SI SAPPIA!
Quando si parla di musica elettronica nel nostro immaginario si fanno strada figure maschili con enormi cuffie sulle orecchie, negli ingegnosi studi di registrazione o di fronte un sintetizzatore mentre manipolano il suono. Ma ci siamo mai chiesti come risulterebbe invece una figura femminile in quell’ambiente? Non c’è bisogno di grandi sforzi di fantasia perché il contributo femminile alla musica elettronica è sostanziale. Anzi si può dire che le donne furono delle vere e proprie visionarie e pioniere del genere. Chissà perché il fenomeno resta sottovalutato e poco conosciuto.
Clara Rockmore, Daphne Oram, Bebe Barron, Pauline Oliveros, Delia Derbyshire, Maryanne Amacher, Eliane Radigue, Suzanne Ciani, Laurie Spiegel sono solo alcuni dei nomi che hanno sperimentato e composto il “suono del futuro”, dando vita a colonne sonore, creando software e dimostrando avanguardia con strumenti quali il vecchio theremin. Il documentario “Sisters with transistors”, diretto da Lisa Rovner e narrato dalla voce di Luurie Anderson, lo dimostra: un viaggio negli studi di registrazione e interviste ad artiste che si sono votate all’elettronica nel XX secolo.
Donne ed elettronica non sono un fenomeno di passaggio perché sin dagli anni ’40 fino il gentil sesso ha dimostrato di avere particolare feeling con la musica prodotta dalle macchine.
Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne:
FACCIAMO LUCE SUI BACKSTAGE
A proposito di elettronica, proprio da questo settore il 12 Novembre è stato lanciato un codice di condotta contro il sessismo dall’AFEM, Association For Electronic Music, firmato da duecento imprese di settore dopo i numerosi casi di molestie sessuali denunciate negli ultimi mesi.
Episodi di sessismo e molestie non sono questioni taciute solo nel mondo del cinema e dello spettacolo, come dimostra il caso Weinstein. Anche nell’industria musicale, si fanno strada comportamenti scorretti sia negli uffici manageriali, che in locali, club, backstage e green room.
Da qui l’esigenza di dar vita allo “Stop Support Report” per incentivare chi subisce abusi a denunciare episodi di discriminazione o molestie, al fine di ottenere un ambiente di lavoro libero e sicuro. Sembrano storie da Homo Erectus, eppure è quotidianità.
VOGLIAMO PRODUCER DONNE.
Innegabile la sostanziosa (quanto meritevole) presenza di grandi artiste nel panorama musicale: autrici, interpreti, esecutrici. Analizzando più a fondo i dati, si delinea scarsa presenza di producer donne. Anche solo digitando sul web “produttori musicali famosi”, viene fuori una sfilza di noti e meno noti maschietti a fronte di un’unica femminuccia, Madonna, che è tante cose ma non propriamente una producer.
Una ricerca del 2018 dell’Annenberg Inclusion Initiative dell’University of Southern California – il principale centro di ricerca del mondo che studia diversità e inclusione nell’intrattenimento – ci dice che degli oltre seicento produttori presi in analisi, il 98% è di sesso maschile. Eppure alle donne non manca certo talento nello scovare e supportare artisti. Pensiamo dove porterebbe l’intuito femminile in una casa discografica.
Forse ciò di cui hanno bisogno le donne, in questo contesto, è di essere incentivate. Ecco il motivo di iniziative come “shesaid.so”, comunità globale indipendente di donne dell’industria musicale, con migliaia di membri in tutto il mondo, Italia compresa, creata per indirizzarle in questo campo demolendo stereotipi di genere.
STRATOCASTER AL FEMMINILE
Le ragazze che intraprendono la carriera da chitarrista o semplicemente che decidono di imbracciare una chitarra elettrica sono relativamente poche rispetto alla controparte maschile. Ma quando poi le imbracciano, risultano poco comode per via del peso e, in alcuni casi, della forma. Vogliamo chitarre più leggere e non perché siamo il sesso debole.
Sono le tette a fare da discriminante!
È proprio quello che ha spinto St. Vincent, cantautrice e polistrumentista statunitense, a realizzare il modello della prima chitarra elettrica pensata per le forme anatomiche di una donna.
“Chitarre come la Fender Stratocaster o la Gibson Les Paul sono fantastiche, ma a causa del loro peso sono impraticabili per una persona come me.”
La collaborazione con l’azienda Ernie Ball – Music Man, nel 2016 ha dato vita ad un modello dallo stile personalizzato, pesa meno, ha una tastiera con scala ridotta e soprattutto è comoda per il seno.
Ad ogni modo, la quasi totalità delle musiciste continuano comunque a suonare serenamente con strumenti canonici, infischiandosene allegramente. Potrebbe essere l’ennesimo punto a favore, magari da approfondire proprio nella Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne.
SIAMO QUELLO CHE ASCOLTIAMO.
Di quante canzoni che canticchiamo in inglese o spagnolo conosciamo realmente il testo? E quante le intoniamo solo perché orecchiabili o ballabili?
È bene sapere che in alcuni reggaeton o baciate, che tanto piacciono al pubblico, si nascondono testi maschilisti e violenti. Ne sono un esempio alcune canzoni provenienti dall’Argentina, paese dall’alto tasso di femminicidio, dove ultimamente diverse proteste, o “ruizado”, si sono sollevate contro l’aumento della violenza maschile durante il primo lockdown da Covid di Marzo.
Non solo argentine, ma anche dal resto dell’America latina, ecco alcune canzoni che parlano della donna esplicitamente come un oggetto del piacere o su cui scaricare frustrazione:
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“Voglio una donna molto bella, muta che non mi dica niente, che quando me ne vado la notte e torno la mattina non mi dica niente, che anche se detesta che io beva non dica niente, rimanga muta senza fiatare”. (LaMuda – Kevin Roldán).
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“Se ti manco di rispetto e poi do la colpa all’alcohol, se ti alzo la gonna. Mi daresti il permesso di mettere alla prova la tua sensatezza”. La strofa è tratta di Proposta indecente di Romeo Santos.
E ancora: “Si te agarro con otro te mato” (Se ti trovo con un altro, ti ammazzo) di Cacho Castaña, o Ojala di Bruyant Myers.
Ma osservando nel nostro paese la situazione non differisce. Seguono versi di cantanti che dominano il panorama musicale della nuova generazione, già alle prese con critiche del genere. Versi che sono stati ripresi e spiegati dai rispettivi autori dopo aver suscitato scandalo, ma che, per quanto li si voglia contestualizzare, non lasciano spazio a troppe giustificazioni:
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“Sono una merda ragiono col cazzo oggi ti prendo, domani ti lascio. Hey troia! vieni in camera con la tua amica porca”. (Hey Tipa – Sfera Ebbasta).
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“Questa frate non sa cosa dice. Porca troia, quanto cazzo chiacchiera? L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C’ho rivestito la maschera”. (Strega – Junior Cally).
Può bastare .
Conferma del fatto che, quando si dibatte sulla violenza di genere, in giornate dedicate, come la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne, bisogna cambiare strategia e puntare i riflettori sulla controparte maschile, da sempre vista quale mera comparsa, nonostante ne incarni il reale protagonista. Quello che ha più bisogno di aiuto, in molti casi.
Inoltre ciò dimostra che il sessismo è ancora molto radicato nella società a partire dal linguaggio che utilizziamo. Basta soffermarci sulla differenza tra “donna” e “uomo” nel dizionario, il quale riflette e si adatta ai cambiamenti linguistici in cui viviamo.
Dalla Treccani per esempio, si legge:
Donna: sinonimo di “compagna, fidanzata, innamorata (volg.) baldracca, (spreg.) cortigiana, donnaccia, (eufem.) donnina allegra, mondana, (volg.) puttana” […]. Dall’altra parte: “uomo” sinonimo di “adulto, (fam.), individuo, persona, guerriero, soldato, erudito, intellettuale, operaio, incaricato” e solo dopo “partner, compagno , sposo”.
Cosa altro aggiungere?
Claudia Avena