In questo momento terribilmente difficile per gli spettacoli, abbiamo focalizzato molteplici volte la nostra attenzione (anche di recente) sulle istanze che riguardano i lavoratori e la palude burocratica attorno alla cultura. Continueremo a farlo, ma intanto c’è da raccontare una storia eloquente.
Era un giorno soleggiato e primaverile a Napoli, quando ho approfittato delle ultime ore prima dell’ennesimo DPCM per incontrare un’amica di lunga data che lavora(va) nel mondo dello spettacolo e si sta trovando ad affrontare un 2020 inverosimile.
Chiara è una ragazza con trascorsi nel mondo del diritto, laurea in giurisprudenza sospesa per scommettere sulla propria arte e dedicarsi a tempo pieno al teatro, approcciando lo studio ed al contempo instaurando collaborazioni con realtà artistiche presenti nel capoluogo partenopeo. Tutto questo, prima che il Covid rovesciasse il naturale fluire delle cose.
È una sensazione quasi alienante, e c’è poco da girarci attorno: quando la tua vita sono le assi di un palco e trascorri in quell’ambiente tantissime ore al giorno, diventa impossibile rimodulare il vivere quotidiano restando in casa. A malapena avevo tempo per dormirci, prima
Residente in pieno centro storico, il cuore pulsante di Napoli in un giorno di metà settimana appare un muscolo che a malapena pompa sangue buono ad irrorare le arterie principali, svuotato di vita in un periodo dell’anno che lo vedrebbe brulicante di passanti e cittadini.
Nell’appartamento di un palazzo antico, tra le mura si fanno spazio storie e vissuti che si incontrano un po’ per caso ma finiscono per maturare esperienze in comune.
Uno dei coinquilini di Chiara è capocomico, ma con buona pace si focalizza su pulizia della casa e lavori secondari, attendendo che il sistema-cultura possa ripartire per un diritto al lavoro che appare negato da cause di forza maggiore ed un governo probabilmente imperfetto nella gestione emergenziale del settore.
Eppure qualche segnale di ripartenza c’era stato, dalla primavera in poi il mondo del teatro come in generale quello degli spettacoli si era conformato su standard di sicurezza elevati, come conferma il recente report diffuso dall’AGIS. Io stessa nel periodo di apertura dei teatri mi sono sottoposta settimanalmente a tamponi: adesso siamo al punto di partenza
C’è tanta amarezza ma il senso di sconfitta è lontano dal conquistare il cuore e la mente di chi anima la creatività. Non mancano i sorrisi, le buone chiacchiere ed un piatto a base di funghi che mi fa seriamente pensare che forse la strada migliore sul piano occupazionale sarebbe quella dei fornelli (ironia grottesca che sia un altro settore decisamente danneggiato). Certo, si pensa a qualche exit strategy, ad un eventuale piano B, ma quando hai scelto l’arte e sei convinto di quello che hai fatto, è ovviamente gravoso riconsiderare tutto.
Di recente mi è stata assegnata una borsa di studio per specializzarmi nella creazione di progetti per recepire fondi europei e regionali a favore delle istanze creative ed artistiche. Non so quando tornerò sul palco, ma non posso fare a meno di aggrapparmi alla vita che ho scelto.
Riconoscere una persona attraverso le sue parole: Chiara, Napoli centro, il teatro. Ma potrebbe essere chiunque, che in qualsiasi zona della nostra colorata (rigorosamente in verde, giallo, arancio o rosso) nazione è impossibilitato ad esercitare la professione artistica che ha abbracciato, dalla quale è stato scelto.
Stare fermi è brutto, questo è innegabile: ma in alcune sfaccettature diventa un delitto, che avrà serie ripercussioni anche in un domani (si spera vicinissimo) senza i tormenti della pandemia.