Il 30 aprile in tutto il mondo si celebra la musica Jazz. Quest’anno sarà la decima edizione da quando l’UNESCO ha deciso di creare questa giornata, su proposta del jazzista Herbie Hancock.
Non è il giorno in cui semplicemente si ricorda o onora semplicemente un genere musicale, ma è un’occasione per celebrare il dialogo interculturale.
Infatti l’International Jazz Day riunisce appassionati di jazz e musicisti provenienti da diverse culture, attraverso eventi a livello globale.
IL JAZZ: LO STILE POPOLARE E RAFFINATO DI NEW ORLEANS
Tra il XVIII e XIX secolo, negli stati sudisti, gli schiavi, costretti lavorare nelle piantagioni, scandivano le lunghe ore di fatica cantando le cosiddette “Work Songs”. Trovavano così, nell’unica libertà che gli veniva concessa e nei ritmi della loro terra africana, la forza per resistere.
Arriva un momento – dopo l’abolizione della schiavitù e altri processi storici – in cui quelle stesse persone, ritrovandosi nelle città, hanno la possibilità di usare gli strumenti scartati dai “bianchi”, usati e svenduti.
Si iniziò per di più con ottoni, progressivamente accompagnati da percussioni, pianoforti, contrabbassi e chitarre. Nessuno insegnò loro a suonarli, quei suoni erano naturale improvvisazione legata alla necessità di continuare ad esprimersi attraverso la musica.
Siamo agli inizi del XX secolo e ci troviamo nei quartieri in bianco e nero di New Orleans. Dalla contaminazione del ritmo africano unita al suono degli strumenti “occidentali” nasceva il jazz: la musica che in quel momento, accanto al “buon vecchio” blues (“il diavolo blu in corpo”), seppur con melodie decisamente più vivaci, dava voce alla sensibilità e alla nostalgia di chi era costretto a tacere.
Per il perbenismo bianco era la musica “sporca”, nata nei quartieri a luci rosse della città e per questo immorale, trasgressiva, misteriosa. Eppure, la diffusione fu inarrestabile anche tra il pubblico “bianco”.
Da li a poco “lo stile New Orleans” trascinò dietro di sé generazioni di musicisti e scatenò una serie di altre tendenze ed innovazioni artistiche e stilistiche fino in Europa. Il soul, lo swing e quindi il charleston, il ragtime, e perfino il rock and roll non sarebbero esistiti senza il jazz.
Da forma immorale e “arrangiata” di musica popolare, riuscì ad imporsi come una delle forme più sofisticate di musica strumentale.
Le potenzialità del jazz sono, ormai, messe in luce e sperimentate da artisti internazionali, quindi non più confinate ad un gruppo etnico. Ogni realtà ha il suo artista jazz di cui vantarsi.
PERCHÉ CI PIACE IL JAZZ?
Ma veniamo al punto. Perché ci piace il jazz e perché dovremmo ascoltarlo.
“ll jazz non è solo musica è uno stile di vita, è un modo di essere, un modo di pensare.”
Nina Simone
Riconoscerne il valore del jazz è un “dovere morale” a prescindere dai gusti, visto che, a suo modo, ha accompagnato la lotta contro il razzismo e la discriminazione.
È una musica “popolare” di umili radici, e noi del Bel Paese, che vantiamo una cultura musicale popolare molto radicata, dovremmo quanto meno sentirlo vicino per questo e non rilegarlo al più a sottofondi per lounge bar o spot pubblicitari.
È “la musica dell’anima”. Le canzoni jazz, con i loro motivi calanti e crescenti, creano una tensione che pare non risolversi mai. Non sai mai come va a finire. Ditemi se non rispecchia, per questo, l’esistenza umana e le sue contraddizioni.
È una musica che richiedere pazienza: devi talvolta riascoltare il brano più di una volta per calarti nella sua atmosfera, ma allo stesso tempo è anche leggerezza, lontano da logiche filosofiche e intellettuali. È il giusto compagno con cui condividere un bicchiere di vino o un bagno caldo.
È sperimentazione. Voci e strumenti portano il ritmo in maniera incalzante mostrando tutte le loro potenzialità e virtuosismi. Una musica fuori dagli schemi che trova la sua forza espressiva nell’improvvisazione, sia individuale che collettiva (quella che oggi chiamiamo jam session).
È nostalgia di un mondo che non abbiamo vissuto ma che si ripropone nei suoi significati. Per riprendere Duke Ellington, “ il jazz è simile al tipo d’uomo col quale non vorresti che tua figlia uscisse”. Non ci dimentichiamo che diede nome ai chiassosi “anni ruggenti”, gli anni delle flappers, delle fiaschette di whisky, del fumo, dei party, del gioco d’azzardo, gli anni del Grande Gatsby per intenderci, quelli del proibito che, si sa, più cerchi di ostacolare più ti travolge.
Ma se ti sforzi a dare la giusta definizione completa al jazz, Louis Armstrong (Mr. Jazz) ci aveva già avvertito:
“Se hai bisogno di definire il jazz, non lo saprai mai”.
Per questo l’unica cosa che si può fare per rendergli giustizia e omaggio è ascoltarlo e lasciarsi trasportare.
Jazz: Una playlist che suggerisco
Scegliere alcuni artisti in particolare è difficile, perciò ho preferito selezionare delle canzoni per dare un assaggio di quanto detto in precedenza. Buon ascolto!
Cheek to cheek – Ella Fitzgerald e Louis Armstrong
Blue moon – Billie Holiday
Take a train – Duke Ellington
You go to my head – Frank Sinatra
My baby just cares for me – Nina Simone
Sinnerman – Nina Simone
In the mood – Glenn Miller
La vie en rose – Louis Armstrong
My one and only love – John Coltrane
So what – Miles Davis
Carry on – Norah jones
On the sunny side of the street – Dizzy Gillespie
Minor swing – Django Reinhardt
Stormy weather – Oscar Peterson
Via con me – Paolo Conte
Felicità – Musica nuda
The nearness of you – Fabrizio Bosso
What a wonderful world – Louis Armstrong
Claudia Avena