The social dilemma: la distopia è diventata realtà

Nell’ultima settimana, tra la top ten dei contenuti più visti in Italia su Netflix, compare The social dilemma, un nuovo documentario diretto da Jeff Orlowski e scritto insieme a Vickie Curtis e Davis Coombe.

Attraverso gli interventi di manager, ingegneri ed esperti informatici di Google, Facebook, Pinterest e Twitter, il documentario descrive una situazione tanto attuale quanto sconfortante che riguarda ogni utente dei social media.

Se “The Great Hack” ci poneva di fronte allo scenario degli ipotetici effetti rivoluzionari – e “rivoluzionari” non è un’esagerazione – dei social che possono arrivare ad influenzare risultati importanti come la Brexit e l’elezione di Trump resi noti dallo scandalo della Cambridge Analytica, The social dilemma scava invece più a fondo.

 

The social dilemma – Una società priva di coscienza

 

Dove finisce l’indipendenza delle nostre scelte? Dove inizia la capillare influenza delle app sul nostro pensiero?

Ecco cos’è The social dilemma, l’apertura di un vaso di Pandora da cui emergono risposte inquietanti che non solo non ci eravamo posti abbastanza volte, ma che talvolta non avevamo neanche mai immaginato l’esistenza delle domande.

Ogni click, ogni secondo in più o in meno, ogni scroll diventa merce di scambio. Così, il circuito di denaro invisibile assume le vesti della tana del Bianconiglio (come ricorda Tristan Harris) che attrae come il denaro, si confonde e manipola impercettibilmente, o quasi.

Ma se gran parte di queste informazioni le sapevamo più o meno approfonditamente grazie ad altri documentari tra cui The Great Hack e alle serie tv distopiche come Black Mirror, The social dilemma ha un elemento di novità perché rivela che la distopia è la realtà. Una realtà i cui creatori, costruttori e manipolatori prendono la parola consci del risultato ottenuto con i suoi pregi, limiti e rischi.

L’esercito degli utenti, che potrebbe essere paragonato a un esercito di burattini, ha l’obbligo morale di tagliare i fili e agire consapevolmente da solo. Ma come è possibile se non sa di essere un burattino?

Come un bambino di sei anni non sa di essere ignorante finché non inizia a imparare ed appropriarsi di conoscenze basilari che lo guideranno per tutta la vita, così ogni utente dovrebbe aver diritto ad essere educato alla gestione e all’utilizzo dei social media e della macchina tecnologica in generale.

Sarebbe, probabilmente, la risposta più plausibile per accorgersi di quei “fili” che causano disturbi e alterazioni nella saluta mentale, disinformazione nella comunicazione delle notizie e crescita di polarismi che attraverso shitstorms ed echochambers acuiscono la gravità delle bolle trasparenti dove risiede ogni utente e che faticano a trovare angoli di realtà per scoppiare.

Oltre al docufilm, The social dilemma educa con quesiti retorici, risposte alle domande di ogni utente, grafici, interviste ed eventi sul sito: se la visione del film è consigliata, la visita sul sito è obbligatoria, utile e necessaria!

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