La vita davanti a sé, un film non all’altezza di Sophia Loren

All’età di 86 anni Sophia Loren torna davanti alla macchina da presa in un film diretto dal figlio Edoardo Ponti, La vita davanti a sé, che ha debuttato in streaming su Netflix il 13 novembre.

Fascino, bellezza ed espressione sono soltanto alcune delle qualità che l’attrice ha mantenuto intatte nel tempo, nonostante la lunga pausa che l’ha vista dedicarsi maggiormente alla vita familiare. Dall’altro lato, però, la pellicola non è stata in grado di elevare la performance di una diva immortale.

Non è la prima volta che madre e figlio lavorano insieme per il grande schermo, ma la realtà è che la carriera di Edoardo sembra non esser mai decollata veramente, e forse questa volta più che mai si sperava in un salto di qualità che però non c’è stato.

LA VITA DAVANTI A SÉ – TRAMA E INTERPRETAZIONI

 

La vita davanti a sé è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Romain Gary scritto nel 1977.

 

TRAMA

 

La protagonista è Madame Rosa (Sophia Loren), un’anziana signora che da piccola sopravvisse all’Olocausto. Stabilitasi a Bari una volta divenuta adulta, la donna si occupa di crescere i figli delle prostitute del quartiere. Un giorno le viene dato in affidamento Momò (Ibrahima Gueyé), un bambino senegalese rimasto orfano e dal temperamento decisamente ingestibile. Sebbene inizialmente il loro rapporto sarà tutt’altro che facile, col passare del tempo tra i due si instaurerà un legame molto forte che, in un momento particolare del racconto, spingerà il ragazzino a compiere un gesto d’amore nei suoi confronti.

La storia è di nobili intenzioni e ci presenta sul piatto una serie di riflessioni importanti. L’integrazione è un valore di cui la società è tuttora carente ed è indubbio che sia ancora necessario parlarne. E poi la solitudine, la povertà, la solidarietà, l’amore: temi universali che non moriranno mai.

INTERPRETAZIONI

 

Situazioni emotive complesse da trasmettere, specialmente da un bambino. È per questo che un plauso va all’interpretazione di Ibrahima Gueyé nei panni di Momò, un ragazzino dalla grande potenza espressiva. Guardandolo, ci si meraviglia di tanto talento concentrato in così poca esperienza. La vita davanti a sé è infatti il suo film d’esordio, ma il suo personaggio è stato forse l’unico in grado di reggere testa a Madame Rosa, alla grande Sophia.

In molti si sono chiesti come sarebbe stato rivederla in un film dopo tanto tempo. Come molto spesso accade, certi grandi artisti vivono un climax durante la loro carriera, in cui danno tutto ciò che hanno da dare e dopo niente sarà più all’altezza. È straordinario poter constatare che nonostante la veneranda età il genio della Loren non è tramontato.  È lei a dominare la scena, a trasudare bellezza in ogni gesto, parola o movimento.

Un carisma di cui non molte attrici possono godere. Viene naturale rivolgere un pensiero ad una sua coetanea americana, Jane Fonda, che dopo oltre 50 produzioni cinematografiche, oggi continua a lavorare a 82 anni e a lottare per i diritti civili (facendosi anche arrestare, talvolta) con una vitalità che fa invidia ai più giovani.

Ma tornando a noi, è proprio la grande bravura della Loren che in questo caso si trasforma in un’arma a doppio taglio. Viene da chiedersi: che film sarebbe stato senza di lei?

LA VITA DAVANTI A SÉ – UNA PELLICOLA DIMENTICABILE

 

La regia ha scelto di sottolineare tutti i lati più monotoni di questa storia. Personaggi e scene che nel romanzo regalavano un tocco di colore, nel film non sono stati inseriti. Alcune situazioni sono state soltanto sorvolate e non approfondite, come ad esempio il passato di Madame Rosa, che è proprio ciò che rende la sua vita simile a quella del piccolo protagonista. La sensazione che ne deriva è quella di star guardando un’immagine sbiadita. Manca qualcosa.

Per tutta la durata, ci troviamo ad osservare delle anime in pena nel loro sopravvivere. Prostitute, persone in rovina, spacciatori, ragazzi di strada. I cosiddetti “miserabili”. Un paragone automatico con il romanzo storico di Victor Hugo, che nel film stesso compare in più di un’occasione.

Anche nel rapporto genitoriale nato fra i due, l’amore non riesce ad emergere dalla disgrazia del contorno. È qualcosa che ci fa emozionare, ma non esce dallo schermo. Muore come muore tutto il resto. La rinascita di Momò, la scelta di cambiare stile di vita, il pericoloso gesto – a tratti surreale –  compiuto per onorare la promessa fatta a Madame Rosa. Tutto questo, così come ci è stato presentato, risulta artificioso. A discapito dell’interpretazione invece molto reale di Gueyé. Di conseguenza, la sventura traspare più che la resistenza.

La vita davanti a sé è senza dubbio una storia cruda, non ci si può aspettare qualcosa di diverso, ma dovrebbe anche trasmettere un messaggio di speranza. La consapevolezza che nonostante i disastri personali, la vita vale la pena di essere vissuta con l’amore di chi ci rimane accanto, e che a volte la famiglia non è soltanto quella di sangue.

Per Sophia si parla già di Oscar e ci sono buone probabilità che riesca ad ottenerlo, ma con altrettanta probabilità la pellicola verrà dimenticata comunque.

 

FeB

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