La Gabbia: il tumulto dell’anima è Madre Nostra

La band bolognese La Gabbia ritorna sulla scena delle pubblicazioni con la nuova opera (prima) Madre Nostra. Il disco è in tutto e per tutto un esordio, nonostante la compagine emiliana, nata nel 2016, abbia già alle spalle decine di live ed un EP dal titolo Bruciare Vivo. Tutto ciò ha permesso loro non solo di calpestare le travi lignee di tantissimi palchi sparsi per tutto lo stivale – spalla a spalla con artisti del calibro di Motta e Fast Animals And Slow Kids, giusto per citarne un paio – ma anche di concorrere e vincere alcuni concorsi musicali di rilievo nazionale. Per la sviolinata vi rimando, con garbo, a consultare i loro spazi social.

La Gabbia – Madre Nostra: caratteristiche del disco, contenuti e strutture di riferimento.

Madre Nostra esce il 29 Novembre per l’etichetta You Can’t Records. L’LP è composto da otto canzoni a matrice alt-rock e sfumature indie, più per impostazione che per interpretazione. Non mancano digressioni di stile molto gradite, pur restando in orbita di una declinazione rock grintosa e di facile approccio.

Per stessa ammissione dei La Gabbia, all’interno dell’album confluiscono diversi aspetti della natura umana, nella loro enorme complessità. Un proposito parecchio ardito, oserei dire. Il risultato viene mitigato dal puro racconto di uomini o donne alternati da altri coprotagonisti meno fisici quali “violenza e tumulti dell’anima” ma anche “calma e riflessione”. Ci aggiungo una vena di citazionismo d’intenti che in tre brani diventa vera e propria discriminante interpretativa.

Strutturalmente La Gabbia si propongono nella classica evoluzione del power trio, ovvero chitarra, basso e batteria, più la voce. L’effetto della collaborazione tra Michele Menichetti, Francesco Stefanini, Andrea Manni e Filippo Lambertucci restituisce un prodotto che risolve alcune lacune tipiche dell’impianto, complice un pochino di post produzione e qualche innesto in fase di registrazione. C’è ‘pienezza’, e qualche volta deve essere sottolineato per rendere il giusto merito a chi lavora in tal senso.

La Gabbia

Panoramica sulle otto tracce che compongono Madre Nostra.

Si comincia con Ilaria, musicalmente caratterizzata da picchi dinamici decisi e mai prolissi, voce graffiata, pathos di giustezza sul ritornello, riff semplice in coda, mentre tutto il resto vola in scioltezza, snello e conciso. La controparte emotiva derivante dal testo si può sintetizzare estrapolando a senso un po’ di testo. Quindi espressioni quali “ti piace essere usata”, “ami essere odiata”, sono il diapason del concetto effimero delle cose materiali, in proporzione al costo emotivo corrisposto. Una lontana consapevolezza per conto terzi: amara, come la corrispondenza che chi ascolta associa con naturalezza.

Parte in quarta Violenza, sorella dell’odio. Parentela che i La Gabbia sottolineano con decisione. La forza motrice che in qualche modo elargisce energie a dritta e manca investendo pressappoco chiunque. La violenza è un cane che si morde la coda, annessi e connessi. Il basso ‘cammina’ che è un piacere ma molto dell’arrangiamento è attribuibile al tocco delle chitarre. Alcuni obbligati sono presi direttamente dal nu-metal, quello a cavallo dei due millenni. Intermezzo arpeggio e voci a corredo.

Il primo chiaro riferimento al citazionismo di cui sopra arriva alla canzone numero tre: La Luna e i Falò. Tralasciando Il Cesare Pavese pensiero, qualcosa si allinea sul senso di appartenenza e ricerca di completezza. Brano calmo e sommesso, dinamiche ampie sul finale, come da manuale, e binomio basso-batteria canonici. Lieve auto contemplazione nel testo ma, se il riferimento al romanzo è strettamente voluto dagli autori, allora tutto ha un senso compiuto. “Il sangue è rosso dappertutto”.

Memorie Di Una Prostituta forse segue la scia del pezzo precedente, ma di certo si riallaccia alle tematiche apprese dalla capolista. Il racconto è in prima persona con un interessante interpretazione con voce maschile su temi ed argomentazioni (più o meno) prettamente femminili. Dalla paura al cambiamento, tutte le sfumature meno evidenti circa il vissuto di una certa Elena. Disegno antonomasico.

La Gabbia - Madre Nostra

La Gabbia – Madre Nostra (copertina)

L’altra faccia della medaglia di Madre Nostra: tra il sussulto, la fantasia e la chiusura intimistica.

I La Gabbia riprendono ora la verve meno impegnata sul flusso sonoro, inteso come un assunto rivolto all’immediatezza di certe melodie, dal ritmo sostenuto e coinvolgente. Ecco Ho Bisogno, riff accessibile con rigo di canto andante e armonico. La questione si traduce in necessità di interazioni semplici, poco stratificate. Mi chiedo, e si chiedono loro autori, cosa sono in grado di generare le implicazioni sentimentali. La cruda risposta, in questo caso, è: “ho bisogno di cose diverse da te”. Eloquenza allo stato solido.

Agrabah è movimento. Lo scenario immaginario di matrice fantasy è soltanto il supporto su cui si basa la vicenda. Le narrazioni a sfondo mistico, con mille riferimenti nebbiosi e ben poche certezze, puntellano il concetto di natura ‘itinerante’ della città che tuttavia non può in alcun modo soddisfare nessuna esigenza reale.

Momento ballad – volendo vedere Madre Nostra solo con gli occhi del metallaro anni ottanta – giunge con la canzone chitarra arpeggiata e voce dal titolo Non Esisti. Un rincorrersi di negazioni, prima da una parte e poi dall’altra, fino a sciuparsi nelle pieghe del tempo trascorso, sprecato. Un moto a tratti vuoto e per certi versi impietoso. La consapevolezza sul finire, quando ci si rende conto che “non c’è più nessuno” dentro e fuori. Enfasi nichilista eppure ampiamente condivisibile.

La scelta del brano che chiude il primo LP dei La Gabbia mi spiazza. La Fine e l’Inizio Di Una Vita deve essere innanzitutto metabolizzata, con diversi ascolti, prima di essere compresa e più o meno condivisa. Per limite personale, anche in virtù di una visione d’insieme più ampia, in riferimento all’intera opera, non sono riuscito a darle forse il lustro che merita. Resta, a mio modesto avviso, un malinconico arrivederci quasi (e ribadisco il ‘quasi’) sotto forma di colonna sonora.

La Gabbia - Madre Natura

A quale forza emotiva siamo figli?

Madre Nostra suggerisce qualche spunto, ma probabilmente non chiarisce nessun dubbio.

Molto dipende dall’interpretazione personale che ogni ascoltatore attribuisce alle varie canzoni. Il tema cardine dell’opera, forse, risulta essere proprio il dubbio. La forma musicale che lo avvolge fa leva su una certa maturità sonora, nonostante la breve carriera artistica del quartetto bolognese. I La Gabbia afferrano dei concetti crudi e li adornano con strutture alt-rock dall’efficace richiamo, evidenziando il buono delle composizioni di Madre Nostra senza troppi orpelli. Il timbro vocale di Michele Menichetti si sublima sugli arrangiamenti proposti e non è un caso se questi ragazzi hanno già in bacheca delle piccole soddisfazioni.

Non ci credi? Prendi il disco e renditene conto da solo.

Mario Aiello

Ciao, abbiamo rilevato che stai utilizzando una estensione per bloccare gli annunci. I banner pubblicitari ci consentono di fornirti notizie in maniera gratuita.

Supportaci e continua a leggere disabilitando il blocco e inserendo il nostro portale nella whitelist