Joe Biden è il 46esimo presidente degli Stati Uniti d’America.
L’election day 2020 non verrà ricordato solo per l’elezione di un nuovo presidente, non solo come l’anno in cui il numero di americani al voto raggiunse il record, ma anche come il giorno in cui uno dei peggiori uomini che abbia mai ricoperto la carica di presidente degli USA venne spodestato.
Donald Trump lascia amaramente il suo posto a Joe Biden. Una vittoria politica per il partito democratico, ma soprattutto una vittoria morale per tutta l’America, quella libera e egualitaria: una rivincita per tutti i cittadini statunitensi che negli ultimi quattro anni non si sono sentiti rappresentati da quest’uomo.
Nei variegati e contradditori stati americani (e non solo) si preannuncia aria di grande festa.
Nell’aria risuona rock and roll e quindi, per l’occasione, ecco a voi una playlist da ascoltare. Alcune canzoni scelte per ricordare quello che l’America lascia alle spalle e altre che rappresentano una ventata di aria fresca. Un grido liberatorio se riascoltate adesso e reinterpretate per l’occasione. Tra queste ce ne sono alcune utilizzate dal signor ciuffo biondo nelle proprie campagne senza il consenso degli autori, che in seguito non si sono risparmiati dal dissociarsene pubblicamente o, in altri casi, citarlo in giudizio.
I Contenuti di questo Articolo:
12 Canzoni per celebrare l’elezione di Joe Biden
Brani per celebrare un momento storico, il passaggio dal vecchio al nuovo, da Donald Trump a Joe Biden. Un nuovo capitolo per gli Usa e il tramonto di un ciarlatano.
Trump, “you are fired!” (sei licenziato!), il suo tipico slogan adesso è dedicato proprio lui.
1. DEMOCRACY – LEONARD COHEN (1992)
“Democracy is coming to the U.S.A.” (La democrazia sta arrivando).
Figlia dell’album Future, la canzone venne scritta come una riflessione sul vero significato della democrazia nella nostra società.
I’m sentimental, if you know what I mean/I love the country but I can’t stand the scene/and I’m neither left or right/ I’m just staying home tonight
Sono un sentimentale, se capisci cosa intendo/ amo il paese ma non sopporto la scena/ e non sono di destra né di sinistra/ e questa notte rimarrò a casa mia.
2. ROCKIN’ IN THE FREE WORLD – NEIL YOUNG (1989)
“Facciamo rock in un mondo libero!”.
Pezzo nato come critica ai problemi sociali americani. Buffo che Trump l’abbia usata per le sue manifestazioni elettorali.
“Immaginate come ci si sente ad ascoltare Rockin’ in the free world dopo che il presidente ha finito di parlare, come se fosse la sua sigla” così scrisse Young sul suo sito web.
try to forget it, any way I can / Keep on rockin’ in the free world
cerco di dimenticare, in tutti i modi che posso / Continua a suonare rock nel mondo libero.
3. LOOKIN’ FOR A LEADER – NEIL YOUNG (2020)
Neil Young ha reinterpretato una sua canzone del 2006, Lookin’ for a leader, cantandola come critica a Donald Trump. Il messaggio era chiaro: gli Stati Uniti cercano un leader, non qualcuno che alzi la voce e che racconti menzogne. Beh, il desiderio è stato esaudito.
We don’t need a leader/ Building walls around our house/ Who don’t know black lives matter
Non abbiamo bisogno di un leader/ Che costruisce muri intorno alla nostra casa/ Che non sa che le vite dei neri contano.
4. THE BIG MAN – MAURO PAGANI (2016)
Mauro Pagani, con ironia mista a sarcasmo, ha sminuito apertamente la figura prepotente ed egocentrica di Trump, ridicolizzandola in un videoclip e raccogliendo in strofe il pensiero dell’ormai ex presidente, con lo scopo di delineare la gravità di determinate affermazioni.
We gotta be tough/ We gotta be strong/ No fear no pity no mercy/ For our enemies/ Stay with me/ We’ll win/ ‘Cause in the end/ Everybody loves me
Dobbiamo essere duri/ Dobbiamo essere forti/ Nessuna paura/ nessuna pietà/ nessuna compassione per i nostri nemici/ Resta con me/ Vinceremo/ Perché alla fine/ Tutti mi amano.
Quando si dice scavarsi la fossa da soli.
5. I WON’T BACK DOWN – TOM PETTY AND THE HEARTBREAKERS (1989)
La bellezza della canzone è nella semplicità del testo, che nasce da una vicenda personale ma si può adattare a qualsiasi altra situazione, personale o collettiva, d’amore o politica. E in questo momento risuona come chi ha continuato a considerare l’America come la propria terra, nonostante le ostilità presidenziali. La vedova e le figlie di Tom Petty, autore del pezzo, si ritrovarono unite per chiedere a Trump di smettere di usare la canzone. Petty non avrebbe voluto che fosse usata per una campagna di odio.
In a world that keeps on pushin’ me around/ but I’ll stand my ground/ And I won’t back down
In un mondo che mi continua a maltrattarmi/ Ma io rimarrò nella mia posizione/ E non cederò.
6. IN THE AIR TONIGHT – PHIL COLLINS (1981)
La canzone anche qui ha un significato tutto personale, ma perché ricordarla adesso?
Il 14 ottobre, durante un evento, Trump usò la canzone come un riferimento satirico al Covid-19 (perché il Coronavirus si diffonde tramite particelle sospese nell’aria).
Phil Collins inviò all’ex presidente una lettera chiedendogli di fermarsi prima che venisse intrapresa un’azione legale per aver usato la sua musica impropriamente.
Inoltre, leggendo il testo, come non pensare all’attesa di questi giorni.
And I’ve been waiting for this moment, for all my life/ Can you feel it coming in the air tonight, oh Lord
Ho aspettato questo momento, per tutta la mia vita/ Puoi sentirlo arrivare nell’aria stasera, oh Signore.
7. LIVING IN AMERICA – JAMES BROWN (1985)
I versi parlano e festeggiano da soli.
Living in America/ Hand to hand, across the nation/ Living in America/ Got to have a celebration/ Rock my soul
Vivendo in America/ Mano a mano, attraversando la nazione/ Vivendo in America/ Hai avuto modo di celebrare/ Scuoti la mia anima.
8. A HORSE WITH NO NAME – AMERICA (1971)
Un pezzo “fresco” che descrive un paesaggio tipico dei viaggi on the road nel grande deserto Americano, dove si respira profumo di libertà.
I’ve been through the desert on a horse with no name/ It felt good to be out of the rain/ In the desert you can remember your name / ‘Cause there ain’t no one for to give you no pain
Ho attraversato il deserto su un cavallo senza nome/ Mi sentivo bene lontano dalla pioggia/ nel deserto puoi ricordare il tuo nome/ perché non c’è nessuno che ti causi dolore.
9. THIS LAND IS YOUR LAND – BRUCE SPRINGSTEEN (1940)
Scritta da Woody Guthrie. Una delle canzoni simbolo del patrimonio folk USA. Un elogio ad un’America ideale, nelle sue bellezze naturali e la sua vastità. Eseguita nel tempo in differenti versioni da tanti cantanti, proponiamo l’interpretazione di Bruce Springsteen, il quale rivelò che si sarebbe trasferito in Irlanda se Donald Trump avesse vinto un secondo mandato come presidente degli Stati Uniti. Insomma, l’elezione di Joe Biden ha evitato che il boss abbandonasse l’America.
Nobody living can ever stop me/ As I go walking my freedom highway/ Nobody living can make me turn back/ This land is made for you and me
Nessuno può fermarmi/ mentre cammino nell’autostrada della libertà/ Nessuno può farmi tornare indietro/ Questa terra è stata fatta per me e per te.
10. DREAM ON – AEROSMITH (1973)
Anche qui lasciamo parlare i versi.
The past is gone/ And it went by, like dusk to dawn/ Isn’t that the way?/ Everybody’s got their dues in life to pay
Il passato è andato/ svanito come le tenebre all’alba/ Non è forse questa la via?/ Ognuno ha i suoi debiti da pagare nella vita.
11. MRS ROBINSON – SIMON & GARFUNKEL (1968)
Cosa c’entra l’elezione di Joe Biden con il film Il laureato?
Beh, inizialmente il brano avrebbe dovuto chiamarsi Mrs. Roosevelt ed essere dedicato ad Eleanor Roosevelt, una delle donne più importanti nella storia del femminismo americano. Poi, dopo l’incontro con il regista Mike Nichols, Mrs. Roosvelt divenne Mrs. Robinson. Ad ogni modo la canzone divenne uno dei pezzi simbolo degli Anni ’60 per quei ragazzi americani che, disillusi, guardavano al futuro e vedevano sgretolati i loro punti di riferimento.
Con l’election day 2020 Kamala Harris diventa la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti e questi versi, reinterpretati, sono per lei.
And here’s to you, Mrs. Robinson […] A nation turns its lonely eyes to you
Alla tua salute Signora Robinson […] Una nazione volta i suoi occhi solitari verso di te.
12. HALLELUJA – LEONARD COHEN (1984)
Iniziamo e chiudiamo con Leonard Cohen e con il suo inno per eccellenza.
Durante la serata finale della Convenzione Nazionale Repubblicana ad Agosto, Trump fece partire questa canzone. Azione blasfema. Di fatto, gli avvocati di Leonard Cohen si opposero affermando che si trattasse di un tentativo di politicizzare e sfruttare il pezzo.
Una canzone quasi spirituale. Ancora oggi risulta difficile da interpretare secondo una sola chiave di lettura, ma si può certo dire che si tratta di un canto emozionante. Un inno alla vita, nel suo insieme, in cui, tra momenti di disordine e confusione, si fanno strada anche momenti liberatori dove “rendere grazie”. Come una luce in fondo al tunnel. Ci piace immaginare il grido della holy or the broken Hallelujah – La sacra o la disperata Hallelujah, che risuona tra le strade d’America, questa volta senza offendere nessuno.
Ed è emblematico che l’ufficializzazione della vittoria di Biden sia giunta proprio nel giorno del quarto anniversario della scomparsa di Leonard Cohen. È difficile credere che si tratti di un caso. Hallelujah.
Claudia Avena