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Ogni Premessa è debito
Correva l’anno 1996 quando, dopo lo scippo perpetrato ai danni di Elio e le storie tese in favore del Buon Rosalino Cellamare, decisi che la rassegna della canzone italiana, non sarebbe stato più affar mio. Avevo solo undici squallidi anni e la forza di prendere decisioni per partito preso senza lo scrupolo di doverle giustificare. Purtroppo la volontà è vacillata anche nel 2013, sempre a causa degli Elii, forte fu il richiamo de La Canzone Mononota. Siccome non c’è due senza tre, stavolta esageriamo: anno 2019, lo seguo con l’intento di scriverci pure due righe (addirittura!).
Chiaro come il sole che saranno evidenti molte gravi lacune nelle righe a seguito: ignoro con orgoglio qualsiasi dettaglio del Festival, dai conduttori ai partecipanti. Chiedo scusa ai puristi ed ai benpensanti.
Ecco il commento di chi è “esordiente totale” – avrebbe detto Fantozzi – nel senso più profondo dell’espressione. So che il collettivo di chi altamente se ne frega è ben nutrito, quindi riuniamoci tutti in consorzio cari amici e facciamo sentire la nostra voce ignorante, nel senso che ignora, perché l’unione fa la forza… ma anche chi fa da sé fa per tre.
Perché devo essere sempre l’ultimo a sapere le cose, perché?
In tutta sincerità avevo già intuito da qualche giorno che Claudio Baglioni fosse nuovamente il conduttore e “mastro di festa” della kermesse. Che volpe! Mi lascia parzialmente stupito ma ben predisposto la scelta delle due spalle, ovvero la bella e brava Virginia Raffaele e l’istrionico Claudio Bisio. Nonostante ciò si è tentato davvero poco. Il direttore artistico non ha osato, almeno su questo.
Il PrimaFestival
Sono le 20:40 circa e dal red carpet del teatro Ariston Simone Montedoro e Anna Ferzetti conducono l’anteprima come fosse un notiziario americano: finti collegamenti, interviste pre registrate con qualche gag e così via. Pochissimi minuti di riempimento, evitabili ma non spiacevoli. La linea passa all’interno.
Sanremo 2019 ed il tema dell’Armonia
Non a caso nelle grafiche compare uno Yin Yang, il simbolo bianco dell’equilibrio. L’armonia sarà il tema dell’intera rassegna, come, quando e perché non è dato saperlo. Intanto, mentre suona Via – celebre canzone del direttore artistico – un connubio di forme e colori blu impattano sullo schermo, la coreografia è intervallata da assoli ritmici e danze hip hop. I tre conduttori cantano da una sorta di impalcatura mobile che presto diverrà la famosa scala che ha fatto la storia dello spettacolo. A comparsa, di moderna concezione.
L’armonia si rompe subito quando ci accorgiamo che Bisio ha deciso di prendere un divano antico, riempirlo di “cose sbrilluccicanti” e indossarlo. La Raffaele più avanti si lascerà in una battuta che farà discutere circa il look del suo collega “è lo stesso dei Casamonica”, per poi proseguire con una magnifico “un saluto ai Casamonica”. Tutto molto bello. Davvero. Non per finta.
Il palco dell’Ariston sembra ridimensionato e restituisce una sorta di intimità, grazie anche alla scelta delle luci. Ho apprezzato il connubio.
Francesco Renga
Lo spettacolo comincia ufficialmente alle ore 21:00 quando fa il suo ingresso Francesco Renga. Il buon Francesco porta al suo ennesimo festival l’ennesima canzone alla Renga dal titolo Aspetto Che Torni. Il pezzo apre dalla seconda strofa, proprio quando il cantante scende verso un pubblico che, come le acque del ben più noto Mosè, si dividono lasciando uno spazio dove potersi esibire. Si da il La anche alla sagra dell’anello opulento. Durante la serata ce ne saranno tanti, da inguardabili a “oddio”.
Nino D’Angelo e Livio Cori
Secondi in gara Nino D’Angelo e Livio Cori. Quest’ultimo vestito come Steven Seagal in Nico, ma senza coda di cavallo. Cori preciso e a suo agio in un pezzo che è nettamente nelle sue corde, molto meno Nino D’Angelo che a tratti ricorda Mario Merola. La canzone dal titolo Un’Altra Luce è cantata spesso in un dialetto troppo stretto per essere apprezzata dalla vasta platea sanremese.
Nek
Quando sul palco arriva Nek qualcosa cambia. Mi Farò Trovare Pronto è una ballata mista ad elettronica che contrasta con l’effigie da rockstar che il Filippo nazionale ama ritagliarsi. Cominciano a vedersi i primi momenti da “canzone per Sanremo”. Prove tecniche per ciò che avverrà poco più avanti per un trio di ragazzi già noti alla kermesse.
Prima pausa tecnica
A questo punto le gag sono evidentemente forzate, non proprio rodatissime, tuttavia il binomio Virginia Raffaele/Claudio Bisio è gradevole. Non del tutto affiatati ma traspare l’esperienza e la bravura di entrambi, nonostante qualche sbavatura che, diciamocela tutta, ci sta. Meglio non fare troppo i puristi.
The Zen Circus
L’Amore è Una Dittatura è l’antipasto del vero tema di questo Sanremo, ovvero la critica sociale con una punta di ingerenza politica. In altri paesi del mondo basterebbe una sana satira fatta bene. In Italia tutto ciò non è pienamente consentito e bisogna trovare stratagemmi. L’animo del brano della band toscana rappresenta per linea lirica l’esatto opposto di ciò che uno spettatore medio si aspetta da chi va a cantare nella città dei fiori. Bella la scena con figuranti in rullante da fanfara e sbandieratori in tinte militari.
Il Volo
Nonostante lo show costruito da Baglioni e compagnia sia fin qui un giusto contenitore per la gara canora, ci pensa il trio di cantanti simil-lirici a riportare la nebbia di stantio che sembrava diradata. Musica Che Resta è una canzone che farà esattamente ciò che recita il titolo. L’opposto ideale dei The Zen Circus. Difatti vengono osannati manco fossero De Andrè. Mah.
Loredana Bertè
Cosa Ti aspetti Da Me non si comprende se sia una domanda o una risposta retorica. La Bertè si presenta con capelli turchini e un abito di pelle che lasciava poco al caso. La canzone le è stata cucita addosso in modo sartoriale. Un pezzo nelle sue corde e lei ha saputo interpretarlo al meglio. Stupito in bene per la prima volta. Anche per lei ovazione e primi fiori per la prima donna sul palco dell’Ariston.
Andrea Bocelli & Son. I primi ospiti d’eccezione
Il siparietto di sfottò social tra la Raffaele e Bisio fungono da diversivo per la preparazione della scena che prevede un pianoforte e un cieco. Cose non semplici da installare al volo, ma tutto fila liscio. Ritorna a Sanremo, a venticinque anni dalla sua prima partecipazione, Andrea Bocelli ed interpreta assieme a Baglioni Il Mare Calmo Della Sera. Sembra di essere di fronte al primo momento solenne della rassegna. Meno formale il duetto col figliuolo Matteo. Il passaggio di consegne vero e proprio avviene prima del duetto sulle note di Follow Me. Il papà che passa la giacca con cui si presentò al festival sulle spalle del proprio figlio fa un po’ Carràmba, ma anche questo è comprensibile. Quest’ultimo emozionato meno del più navigato padre, ce l’avrà nel DNA.
Nota a margine: fino ad ora Sanremo non sembra essere la città dei fiori.
Daniele Silvestri
Si presenta sul palco uno dei papabili vincitori del premio della critica intitolato a Mia Martini. Sembrerà strano ma i candidati a questa onorificenza sono parecchi. Dunque, Silvestri sale sul palco accompagnato da Rancore e da Rondanini che per l’occasione si presenta con la maglietta del programma TV Propaganda Live di Diego Bianchi. Argento Vivo è una canzone forte che tocca argomentazioni delicate e poco esplorate, soprattutto se viste da chi vive certi drammi. In alcuni frangenti troppo simile a Il Mio Nemico, ma tutto sommato si può sorvolare. Ottima anche la presenza scenica del Rapper Rancore, ma va beh, sono schifosamente di parte.
Il Monologo di Bisio
Probabilmente molti detrattori aspettavano questo momento con trepidazione. Bisio non si scompone ed affronta l’argomento dello schieramento mai velato del direttore artistico Baglioni su alcuni dei temi più caldi degli ultimi tempi. Il comico ligure sfrutta i testi delle canzoni dello stesso Baglioni per fare satira. L’autore romano fa il suo ingresso con una chitarra e il monologo volge a duetto, con chiosa finale diretta ai giornalisti circa la polemica sui migranti battibeccata tra i professionisti ed il cantante.
Fino ad ora una sola cosa mi ha fatto ridere come non mai: gli spettatori delle prima cinque file, costretti ad essere sballottolati di qua e di là dal meccanismo che apre e chiude l’antepalco. Mitici.
Federica Carta e Shade
La tentazione di dire “cantano Chi? E Chi?” sarà venuta anche alla Raffaele mentre annunciava l’esibizione dei due giovani artisti. Senza Farlo Apposta è una canzuncella, una probabile hit radiofonica che sicuramente verrà pompata molto dai più giovani. Bellissima la camicia multicolor di Shade che però ha la sfortuna di giungere dopo Rancore. Peccato perché non è uno sprovveduto come molti altri, anzi.
Ultimo
Il vincitore della scorsa edizione di Sanremo Giovani era certamente tra i favoriti indicati. Tuttavia la sua I Tuoi Particolari, nonostante una maturità dimostrata fuori dal comune e un pezzo che fa leva sulle reazioni del pubblico, impatta contro il muro del “si ma però”. Convince e non convince a seconda dell’umore.
Pierfrancesco Favino, il secondo e miglior ospite
Che questo attore con la A maiuscola abbia dei grandi numeri non lo dico certo io. Intanto è l’unico a scendere dalle famose scale dell’Ariston, dopo i conduttori. Mica male!
La scena con la Raffaele, che ha già fatto cambio abito, è a mio parere magnifica. Dal punto di vista musicale, ovviamente. In un triangolo di equivoci i due si ritrovano a dover interpretare tre musical diversi: Favino vestito da Freddie Mercury per Bohemian Rhapsody, la Raffaele da Mary Poppins e un gruppo di ballerine in abiti ecclesiastici per interpretare Sister Act. Il mashup è molto complesso e con incastri davvero intricati. Bravi loro e bravi soprattutto i musicisti. Favino saluta dopo un duetto ilare col direttore Baglioni.
Paola Turci
Vestita di bianco, la cantautrice romana si mostra in tutto il suo fascino. L’ultimo Ostacolo è la canzone che rimette la Turci al centro di quelle sonorità a lei congeniali. La voce caratterizzante è messa un po’ alla prova nel brano ma il risultato, non egregio, è tuttavia appagante. Un bel ritorno.
Motta
Motta è uno che scrive bene e dal piglio compositivo arguto. Il premio Tenco 2011 porta a Sanremo un brano intitolato Dov’è l’Italia e schiaffa in faccia a tutti i benpensanti che c’è un dramma dentro di noi, non lontano chissà dove. Non vincerà, ma se ne parlerà tanto, Il dono di questo ragazzo di Pisa – che parla come un savonese di 70 anni – è che quando si esibisce è posseduto dal flusso di ciò che canta e racconta. Però Sanremo purtroppo è un’altra cosa, ahinoi, ahilui, ahitutti. Magari verrò smentito.
Boomdabash
Il collettivo si presenta in completo total amaranto e grazie a Dio smuove un pochino l’empasse malinconica che si è protratta fin qui. Per Un Milione ha ritmo, è di facile ascolto e magari il motivetto riuscirà ad insinuarsi violentemente nel cranio degli ascoltatori.
La gag della famiglia Addams che vede protagonisti i tre conduttori è stata qualcosa di osceno, tuttavia trovo molto positivo non prendersi troppo sul serio. Soprattutto dopo i catafalchi vetusti che negli anni ci hanno propinato a forza. Almeno è ciò che ho letto.
Patty Pravo e Briga
Attimi di panico prima dell’esibizione della regina di Sanremo. Per problemi tecnici (che io ho tradotto in scappatella in bagno del pianista) ci sono stati un paio di minuti di stallo dove la Pravo ha saputo ancora una volta ironizzare sul tempo perso a causa dell’inconveniente. Un Po’ Come La Vita non è una canzone immediata, anzi. Il brano è forse anonimo e probabilmente godrà della stima a priori versata a galloni verso Patty Pravo, che per l’occasione si presenta di rosso vestita e con i dreadlocks. Briga non lo so se è venuto a cantare (anche se si sente solo la sua voce, purtroppo).
Simone Cristicchi
Siamo di fronte a un probabile vincitore morale di questa sessantanovesima edizione del festival della canzone italiana. Tuttavia, Abbi Cura Di Me è tutto tranne una canzone italiana. Il già vincitore della rappresentazione del 2007 compila un “tuttotesto” che è tanto profondo e poetico quanto poco musicale, senza alcun riferimento melodico degno di nota. Il sublime come inteso un tempo. Se prendi il testo e lo leggi facendo suonare la musica in sottofondo hai lo stesso risultato, magari ti commuovi anche di più ma la “canzone”, anche per Cristicchi, è un’altra cosa. Poi vince e mi prendono a verza e riso in faccia: Amen.
L’omaggio a Fabrizio Frizzi
Sono da poco passate le 23:00 quando Claudio Baglioni omaggia la memoria del defunto Fabrizio Frizzi, poche parole ma che hanno saputo arrivare al cuore degli astanti che salutano il presentatore scomparso prematuramente con una standing ovation.
Giorgia, l’ospite che sembra essere in gara
Ricordo che non solo questo è il Sanremo dell’armonia e dei temi sociali, ma anche quello degli anelli discutibili. E qui Giorgia, su dieci dita, ne sfoggia ben 13 discutibili. La talentuosa cantante si cimenta in un medley che prevede anche un celeberrimo brano di Whitney Huston, oltre ad un duetto voce e piano di Come Saprei (poi seguiti dall’intera orchestra) col direttore Baglioni.
Ciao Giorgia, ci mancherà la tua intonazione perfetta. Sì, per sentirne un’altra simile bisognerà aspettare qualche minuto.
Achille Lauro
Siamo al giro di boa e le palpebre cominciano a volersi chiudere senza speranza di riaprirsi. Non aiuta la canzone Rolls Royce di Achille Lauro. Non mi aspettavo l’esibizione del secolo, né la nuova Stairway To heaven, chiaro, ma l’autotune a Sanremo credo abbia trascorsi pressoché nulli. Mi si è smontato ogni entusiasmo, dopo il gagliardo impatto visivo. Domani forse suonerà meglio.
Arisa
Arisa ormai abita all’Ariston. La sua voce educata e potente è sempre sinonimo di ottime interpretazioni. Mi Sento Bene spiazza più della tombola giocata senza chiamare i numeri, usando la smorfia. La canzone parte seriosa e piena di pathos, per poi essere catapultati in un villaggio turistico a ferragosto. Un inno alla gioia e al benessere, che chiude come ha aperto e quasi vai in depressione.
Negrita
Attendevo il momento di puro rock. Sono rimasto molto deluso. I Ragazzi Stanno Bene è più un messaggio che una canzone. Credo che il brano comincerà tra qualche giorno a piacermi tanto quanto non mi piaccia adesso. Siamo di fronte ad un ipotetico diesel, ma davvero non ho compreso il motivo dell’arrangiamento poco aperto all’orchestra. Un peccato.
Claudio Santamaria, ultimo ospite della serata
Sarò lapidario. Il siparietto a quattro con Raffaele, Bisio e Baglioni che richiama il Quartetto Cetra è del tutto anonimo. A saperlo prima l’avrei giocata subito la carta Santamaria. Tuttavia, l’ora è tarda e non si può pretendere troppo, mancano ancora sette artisti per concludere le esibizioni.
Da qui in avanti sarà un altro festival.
Ghemon
A parte il vestito preso direttamente dall’armadio del Doc. Emmet Brown di Ritorno Al Futuro, molto poco ho apprezzato di Rose Viola. L’animo soul che ha ormai rapito il carattere artistico di Ghemon ha una personalità propria e ha preso il controllo dell’individuo. La canzone è buona, ma forse non esprime pienamente il potenziale di cui dispone. Meriterebbe di più, partendo dal fatto che una volta tanto certi artisti possano proporsi ad orari civili.
Einar
Per fortuna la guida artistica di Baglioni ha aperto definitivamente le porte a (quasi) tutti. Qualche barriera è caduta, anche se con troppo ritardo. Einar viene direttamente da Sanremo Giovani ed è forse questa la zavorra che il cantante non riesce a scrollarsi di dosso. Parole Nuove non “prende”. Probabilmente a causa di un’impostazione troppo quadrata che non sollecita alcuna curiosità. Ci resto male io al posto suo.
Ex-Otago
Se anche a voi sta venendo il dubbio che si è volutamente creare un gruppo di “emarginati” a Sanremo 2019, non temete, secondo me siamo in molti a pensarla così. La linea melodica della lirica non è mai banale nelle strofe. Solo Una Canzone pecca (se si può dire così) nei ritornelli che paiono seguire il filone non molto vivace che la rassegna ha genericamente proposto fino ad ora. Però un “gomblotto” l’avrei urlato se fossi stato in platea.
Anna Tatangelo
Spero di essere delicato quanto basta. Le Nostre Anime Di Notte, questo è il titolo del brano proposto dalla cantante di Sora. Dunque, la Tatangelo ha talento, è innegabile, purtroppo (per lei) le sbagliano le canzoni. In questo caso, in modo subdolo, ho subito pensato: “eccola, sta raccontando gli scazzi tra lei e il compagno”. Non a caso la firma del famoso autore, stavolta, non c’è. Solita canzone, mi dispiace dirlo, soprattutto perché non ho visto così prepotente la sua voglia di mostrarsi femme fatale, riprendendosi un po’ di sana umanità. Niente. Però, secondo me, non è colpa sua.
Irama
Eccola qui. Arriva alle 00:47 circa quella che a mio avviso è tra le aspiranti al titolo. Ennesima canzone dai toni impegnati, stavolta l’obiettivo è sulla persona singola. Una storia complessa, ma nemmeno tanto rara. La Ragazza con il cuore di latta ha il titolo meno azzeccato della kermesse, ma grazie al coro gospel ed ad un’orecchiabilità finalmente semplice si farà sentire per molto tempo.
Enrico Nigiotti
Non ci crederete ma la sua Nonno Hollywood è sua e basta. Unico autore con firma in calce e se non erro è l’unico ad essersela cantata e suonata da solo, in senso lato. Sarà per questo che l’interpretazione mi è parsa tanto sentita, personale. Canzone semplice che punta tutto sul senso nostalgico di vecchie (e sane) abitudini condivise con un grande affetto, ora sostituite da moderne concezioni impersonali e senza la persona amata.
Mahmood
Chiude la rassegna interpretando il vero argento vivo della compagine. Soldi è una canzone tosta e ritmicamente valida, nel senso che ti trascina, ti porta con sé. Continuo a pensare che non deve essere normale lasciarsi il meglio oltre la fine. Pezzo trasversale, orecchiabile ma non proprio “standard”. Voce molto interessante ma fuori contesto. La speranza che questo sia l’anno buono affinché il “fuori contesto” diventi del tutto obsoleto è tanta.
I miei due spicci
La prima serata della sessantanovesima edizione del Festival di Sanremo è oltre il tema dell’armonia, come autoproclamato da Baglioni al principio. Questo è un festival multietnico in senso lato. Nel 2019 è ridicolo doverlo sottolineare. La strada è lunga ma con un pizzico di buon senso le porte resteranno spalancate. Il direttore artistico ha saputo raccogliere molte sfaccettature del panorama italiano. Certo, parecchio è stato escluso e probabilmente con colpa. Nessuno è perfetto.
La cosa che più di ogni altra mi auguro è che gli ultimi artisti di stasera (Tatangelo inclusa) possano trovare uno spazio “più umano” per potersi esibire. Sarebbe bello, ad esempio, vedere Ghemon ad inizio spettacolo. Sarebbe molto diverso. Il tempo davanti c’è e le carte sono state scoperte.
Note a margine
Qui di seguito il listone suddiviso in tre gruppi, alto gradimento, medio gradimento e basso gradimento, decretati dalla giuria demoscopica al termine della prima serata. O almeno è quanto ha compreso il sottoscritto dopo quattro ore di spettacolo, ed altrettante volte alla compilazione di questo commento. Come accennato dai conduttori, la giuria demoscopica ha un potere decisionale del 30% sul totale dei voti (oltre il televoto 40% e giuria tecnica 30%).
Lista alto gradimento
Loredana Bertè, Ultimo, Irama, Francesco Renga, Daniele Silvestri, Simone Cristicchi, Il volo, Nek.
Lista medio gradimento
Negrita, Paola Turci, Boomdabash, Anna Tatangelo, Arisa, Patty Pravo e Briga, Enrico Nigiotti, Federica Carta e Shade.
Lista basso gradimento
Mahmood, Einar, Ghemon, Motta, Nino D’angelo e Livio Cori, Ex-Otago, The Zen Circus, Achille Lauro.
Mario Aiello